martedì 21 dicembre 2010

Arrivano le piante mangia-metalli. Come risanare, con la coltivazione di piante, i terreni inquinati da metalli pesanti a causa delle attività umane.

Recenti studi hanno dimostrato l'efficacia della fitodecontaminazione, mediante cui, girasoli, mais e brassica possono essere impiegati come sistemi di disinquinamento.

"Elevate concentrazioni di metalli in forma diffusa e parcellizzata quali polveri, microparticelle presenti nell'aria, nel suolo e nelle acque", spiega Franco Gambale, direttore dell'Istituto di biofisica (Ibf) del Cnr di Genova, "possono avere gravi conseguenze sulla salute umana e tra i metalli pesanti il piombo è l'elemento più diffuso. Le tecniche utilizzate fino a oggi, con elementi chimici, hanno limiti oggettivi sia per i costi di bonifica delle aree interessate, sia per gli effetti successivi al trattamento: perdita della fertilità e altre gravi alterazioni di natura chimica, fisica e biologica, tali che le aree inquinate rimangono inutilizzate per decine di anni".

La fitodecontaminazione, al contrario, è un processo di purificazione naturale, in quanto, continua il direttore dell'Ibf-Cnr "sfrutta la capacità delle piante di assorbire elementi e composti dal suolo per poi concentrarli nelle parti mietibili (fusto e foglie). Le piante in questione, se opportunamente trattate con sostanze dette chelanti, che servono a rendere estraibili i metalli inquinanti, funzionano come pompe che operano a energia solare, in grado di assorbire dall'acqua e dal terreno non solo i sali minerali necessari per la propria sussistenza, ma anche elementi tossici minerali e/o organici".
 
Espletata la loro funzione, le piante vengono raccolte e incenerite a bassa temperatura, in modo da evitare la reimmissione degli agenti inquinanti nell'atmosfera e da restituire all'uomo, e alle sue attività, suoli prima perduti.

Ma i benefici non si limitano a questo. "La biomassa ottenuta", prosegue Gambale, "può essere utilizzata per generare gas da impiegare per la produzione di energia e i residui minerali possono essere riciclati o inglobati, per esempio, in matrici cementizie. Le ceneri possono infine essere smaltite in discariche attrezzate a costi di gran lunga inferiori rispetto a quelli necessari per lo smaltimento del suolo, in considerazione del minor volume del materiale contaminato".

Alcuni anni fa, nel comune di Arcola, in provincia di La Spezia, su un terreno contaminato da piombo adiacente a uno stabilimento industriale, è stata effettuata una prima sperimentazione di bonifica con la tecnica della fitodecontaminazione. L'esperimento faceva parte del progetto ‘PhyLeS', coordinato dal Cnr. I risultati ottenuti sono stati incoraggianti, mostrando l'efficacia del sistema, che può essere utilizzato anche in presenza di altri inquinamento da piombo, quanto di elementi come il cadmio.

"Con alcuni accorgimenti derivati dai risultati della sperimentazione - conclude Gambale - riteniamo sia possibile un miglioramento della metodica che potrebbe consentire di ridurre il tempo di decontaminazione a circa 20 anni. Un risultato apprezzabile se si considera che gli approcci chimico-fisici tradizionali sono certamente più veloci, ma costosi e per nulla ecosostenibili".

Scritto da: Emanuele Grimaldi
Fonte: cnr

venerdì 17 dicembre 2010

Giardinaggio: consigli su come ricavare dagli scarti casalinghi un concime naturale per il giardino

Un giardino dà grandi soddisfazioni ma comporta anche fatiche e problemi; uno di questi è rappresentato dallo smaltimento dei materiali che eliminiamo dal giardino, come erbacce, arbusti, foglie ed altro.

 Di fronte a questo problema ci sono tre alternative:

Caricarsi sulle spalle, o preferibilmente su un furgoncino se lo si possiede, sacchi pieni di scorie in genere di un certo peso e ingombro. Soluzione che, oltre alla fatica che verosimilmente comporta, richiede anche la diposnibilità di un luogo dove abbandonare il tutto.

Oppure si può creare un piccolo sito di compostaggio domestico, che in giardino è abbastanza semplice da realizzare e non comporta il pericolo di cattivi odori o animali sgraditi nel caso non sia fatto nel modo giusto. In giardino infatti si può scavare direttamente una fossa nel terreno, oppure si possono utilizzare gli appositi bidoni forati che esistono in commercio: si deposita lì il materiale di scarto, e dopo 9-12 mesi, capovolgendo il bidone, si troverà che il tutto si è trasformato in prezioso terriccio fertile.

Oppure si può adottare una soluzione altrettanto agevole ma più rapida: la biotriturazione, operazione che consiste nello sminuzzare tutto il materiale con appositi macchinari in grado di svolgere il lavoro in poco tempo. Quello che si ottiene è materiale organico, biodegradabile e poco ingombrante che si può usare per arricchire il terreno di sostanze nutritive.

Consigli come questo si possono trovare sui blog dedicati al giardinaggio, ad esempio Castaldifra, ricco di suggerimenti e spunti interessanti sulla cura del giardino, le tecniche e gli attrezzi più idonei per occuparsi del proprio angolo verde.

Fonte: http://www.articlemarketing.biz/concime-naturale-per-il-giardino/

Celiachia: Tre linee di ricerca al via nel Biopark, Sviluppare un enzima contro la celiachia, un nuovo farmaco antitumorale e un metodo diagnostico innovativo per le leucemie.

Sviluppare un enzima contro la celiachia, un nuovo farmaco antitumorale e un metodo diagnostico innovativo per le leucemie, e studiare nuovi antibiotici.
Questi gli obiettivi che la Fondazione Istituto Insubrico Ricerca per Vita di Gerenzano e tre Istituti milanesi (Azienda Ospedaliera Ospedale “Luigi Sacco”, Fondazione IRCCS “Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico” e Azienda Ospedaliera Ospedale “Niguarda Ca’ Granda”) si sono prefissati di raggiungere entro la fine del 2012, grazie al contributo stanziato da Regione Lombardia.

Il team di ricercatori svilupperà studi su nuove glutenasi (stato infiammatorio reattivo al glutine) di origine microbica per la terapia orale della celiachia, su nuovi farmaci antitumorali e sui sistemi diagnostici innovativi per le leucemie e i disordini mieloproliferativi (disordini dei nervi) e infine studi sui nuovi antibiotici. I tre progetti di ricerca collaborativa avranno durata biennale e saranno svolti congiuntamente dai quattro enti nel 2011-2012.

In particolare, il progetto celiachia ha come obiettivo l’individuazione di un enzima microbico, da usarsi come terapia orale di supplemento alla dieta, capace di degradare il glutine prima che lo stesso possa manifestare i suoi effetti tossici nell’intestino. L’importanza del progetto è immediata se si pensa che in Italia, a fronte di circa 85.000 diagnosi effettuate, ci si aspettano più di 400.000 celiaci e che, attualmente, l’unica terapia esistente contro la celiachia è una dieta priva di glutine da effettuarsi per tutta la vita.


Leggi tutto l'articolo: http://www.valleolona.com/notiziario/2010/201012/101216_gerenzano_irccs.html
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