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mercoledì 13 luglio 2011

Epidemia E.Coli, l'origine nella trigonella egiziana. Questo quanto concluso dall'Efsa, Autorità europea per la sicurezza alimentare.

E.coli al microscopio

L’EFSA pubblica la relazione della sua task force sui focolai di E. coli O104:H4 sviluppatisi nel 2011 in Germania e in Francia e formula ulteriori raccomandazioni per la protezione dei consumatori

Si riporta il comunicato stampa del  5 luglio 2011:

La task force dell’EFSA creata per coordinare le indagini volte a individuare la possibile fonte dei focolai di E. coli O104:H4 verificatisi in Francia e in Germania ha concluso che un lotto di semi di fieno greco importati dall’Egitto e utilizzati per produrre germogli rappresenta il collegamento più probabile tra i due focolai. Non si esclude tuttavia che siano coinvolti altri lotti di fieno greco importati dall’Egitto nel periodo dal 2009 al 2011. Sulla base di queste conclusioni, l’EFSA raccomanda alla Commissione europea di intraprendere tutti gli sforzi possibili per prevenire un’ulteriore esposizione dei consumatori ai semi sospetti e di proseguire la tracciatura in tutti i paesi che possono avere ricevuto semi dei lotti in questione. In tale contesto, l’EFSA consiglia ancora ai consumatori di non coltivare germogli per il proprio consumo personale e di non mangiare germogli o semi germogliati a meno che non siano stati sottoposti a un’accurata cottura.


In risposta a una richiesta urgente della Commissione europea relativa agli attuali focolai di Escherichia coli, sierotipo O104:H4, produttore della tossina Shiga (STEC), il 26 giugno 2011 l’EFSA ha creato una task force allo scopo di fornire assistenza scientifica immediata. Oltre agli esperti scientifici dell’EFSA ne fanno parte funzionari ed esperti della Commissione europea, degli Stati membri dell’UE interessati, del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC), dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) e dell’Organizzazione per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO).


Dal maggio 2011 è in corso in Germania un focolaio di Escherichia coli, produttore della tossina Shiga (STEC), benché il numero di nuovi casi sia in rapida diminuzione. Il 24 giugno 2011 le autorità francesi hanno segnalato un focolaio di E. coli nella regione di Bordeaux. Dall’inizio di tali focolai è stato registrato un elevato numero di pazienti con diarrea emorragica causata da STEC, e una percentuale insolitamente alta di questi ha sviluppato la sindrome uremico-emolitica (HUS). Ad oggi, il focolaio di E. coli O104:H4 ha causato 48 morti in Germania e una in Svezia. Il numero complessivo dei casi segnalati nell’UE, Norvegia e Svizzera è di 4 1781.

Sulla base delle analisi delle informazioni relative ai focolai registrati in Francia e Germania, si è concluso che un lotto di semi di fieno greco utilizzati per coltivare germogli, importato dall’Egitto da un importatore tedesco, rappresenta il collegamento più probabile; tuttavia non si esclude che possano essere coinvolti altri lotti. La relazione evidenzia che i risultati negativi dei test microbiologici effettuati sui semi non permettono di escludere che un lotto sia contaminato da STEC.

Alla luce dei risultati dell’indagine in corso e delle conclusioni delle indagini retrospettive che hanno permesso di individuare nei semi di fieno greco il collegamento più probabile tra i focolai in Francia e in Germania, l’EFSA ribadisce la validità delle raccomandazioni già presentate il 29 giugno, congiuntamente all’ECDC, in materia di protezione dei consumatori.

Poiché i semi destinati alla germinazione sono spesso venduti sotto forma di miscele di semi e non è possibile escludere una contaminazione crociata, è importante consigliare ai consumatori di non coltivare germogli per il proprio consumo personale e di non mangiare germogli o semi germogliati a meno che non siano stati sottoposti a un’accurata cottura. Questi consigli saranno riesaminati alla luce degli sviluppi futuri.

Prosegui su: efsa.europa.eu la lettura dell'articolo

venerdì 20 agosto 2010

Coltivare carciofi su Marte: alcuni scienziati sperimentano crescita vegetali in ambiente "marziano"

Un orticello su Marte potrebbe essere utile per fornire ai futuri esploratori del Pianeta Rosso non soltanto broccoli e carciofi freschi, ma anche riserve d'ossigeno rinnovabili senza bisogno di portarlo dalla Terra.
E' quanto sperano alcuni ricercatori dell'università di Sydney guidati da Federico Maggi che hanno messo a punto una simulazione per verificare la possibilità di coltivare piante terrestri sul suolo marziano.

Maggi e colleghi sono esperti di "biogeochimica", una scienza che mette insieme biologia, geologia e chimica per studiare come si comportano gli organismi viventi in ambienti eterogenei.
Essi hanno esaminato il processo di crescita di radici vegetali in un compost formato da suolo simile a quello marziano (ne conosciamo la composizione grazie alle sonde), più fertilizzanti e batteri portati dalla Terra. Il tutto inoltre simulando, attraverso un modello chiamato "Biotoughreact", gli ettetti di una gravità come quella di Marte, che è un terzo rispetto a quella terrestre.

I risultati sono stati incoraggianti. A quanto sembra, la gravità ridotta di Marte favorisce l'assorbimento dell'acqua da parte dei vegetali, per cui sono necessarie innaffiature di portata inferiore (l'acqua su Marte c'è, ma si trova principalmente sotto forma di cristalli di ghiaccio mescolati al terriccio, a formare quello che tecnicamente si chiama "permafrost"). Già altre volte erano stati effettuati esperimenti di crescita di vegetali in humus non terrestri (per esempio, con terriccio lunare autentico), e si è visto che i semi non avevano difficoltà a germogliare, purché provvisti dei necessari nutrienti e della flora batterica. La simulazione degli scienziati australiani, più avanzata, conferma esperienze precedenti.

Ma che vantaggio può esserci a coltivare campicelli marziani? Oltre che a ovviamente fornire i futuri colonizzatori di verdure fresche (sempre che risultino commestibili), c'è il fatto che le piante, assorbendo anidride carbonica e cedendo ossigeno, potrebbero rinnovare l'aria respirabile rendendo le future colonie sul Pianeta Rosso autonome da questo punto di vista.

Certo, le piante dovrebbero essere coltivate in serre alquanto speciali, a tenuta stagna, riscaldate e illuminate: su Marte l'atmosfera è estremamente sottile, la temperatura si aggira sui settanta gradi sotto zero e la luce del Sole è più fioca che sulla Terra. Ma magari i vantaggi potrebbero compensare le difficoltà. Forse le future colonie marziane potranno essere circondate, se non da campi di messi ubertose, da corone di coltivazioni a tenuta ermetica.

Fonte: http://notizie.virgilio.it/

lunedì 3 maggio 2010

Celiachia: nuove prospettive giungono dallo studio dei batteri intestinali

Purtroppo le persone affette da celiachia sono in costante aumento e, spesso, questa patologia non è riconosciuta e diagnosticata per tempo.

La malattia si manifesta principalmente come una reazione incontrollata del nostro sistema immunitario che provoca una intolleranza al glutine.

Una nuova speranza arriva dallo studio condotto dai ricercatori del Consiglio Nazionale delle Ricerche spagnolo a Valencia secondo cui promuovere un equilibrio della flora microbica intestinale potrebbe avere un ruolo chiave nella risposta immunitaria legata alla celiachia, in particolare nelle prime fasi della manifestazione.

I risultati dello studio sono stati pubblicati sul “Journal of Leukocyte Biology” e suggeriscono come i cambiamenti dietetici possano contribuire ad alleviare la gravità della malattia celiaca in alcuni pazienti, poiché differenti batteri intestinali possono influenzare differenti risposte e il grado d’infiammazione.
Allo stesso modo, fanno notare i ricercatori, l’intervento sulla flora batterica intestinale per mezzo di prebiotici e probiotici può migliorare la qualità della vita dei celiaci e ne potrebbero beneficiare anche le persone affette da diabete di tipo 1 e altre malattie autoimmuni.

«Ci auguriamo che lo studio potrà in ultima analisi favorire la comprensione dei meccanismi di azione del microbiota intestinale nelle malattie immuno-mediate. Questo studio può anche aiutare a progettare nuove strategie, che potrebbero migliorare la qualità della vita dei pazienti celiaci in futuro», ha concluso la dottoressa Yolanda Sanz del CNR spagnolo.

Fonte: http://www.lastampa.it/
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