giovedì 8 ottobre 2009

La dieta mediterranea previene la depressione, oltre che le malattie cardiache e i tumori.

Il recente studio di un team di ricercatori delle Università di Las Palmas e di Navarra spezza una lancia a favore dello alimentare di tipo dieta mediterranea, caratterizzato da cereali integrali, frutta, verdura, legumi, pesce e olio extravergine.

Il team iberico ha studiato per quattro anni un campione di 10.094 adulti in buona salute e ha concluso che un consumo regolare di alimenti tipici della dieta mediterranea comporta una riduzione del 30% del rischio di depressione.

I ricercatori hanno individuato 480 nuovi casi di depressione nel corso dei quattro anni di follow-up (156 tra le donne e 324 tra gli uomini) e hanno concluso che chi seguiva regolarmente una tipica dieta mediterranea risultava meno esposto al rischio, anche tenendo conto di fattori come età, situazione familiare, numero di figli, ansia e competitività.

Non è ancora chiaro quale sia il meccanismo che potrebbe spiegare questo collegamento, ma di certo è ben noto che la dieta mediterranea protegge la salute del sistema cardiovascolare, ripara i tessuti danneggiati dallo stress ossidativo e combatte le infiammazioni: “dovremo quindi approfondire il nostro studio per far luce sui meccanismi di tipo ormonale o fisiologico che possano spiegare perchè gli alimenti tipici della dieta mediterranea siano in grado di prevenire la depressione”, ha spiegato Miguel Martinez- Gonzalez dell’Università di Navarra sugli Archives of General Psychiatry.

domenica 4 ottobre 2009

Il lungo muro di pomodori di Los Angeles. Il progetto Urban Farming rivoluziona l'agricoltura urbana.

Il progetto Urban Farming Food Chain consta di circa 70.000 m² di pareti verdi preposte alla coltivazione di cibo commestibile che vengono montate sopra edifici, o a ridosso di pareti in cemento, in aree di parcheggio oppure si ergono in maniera del tutto autonoma.
A Los Angeles sono quattro i punti all’interno e all’esterno del centro della città, inclusa l’area del Central City East (Skid Row), dove si coltivano, senza usare pesticidi, prodotti agricoli freschi.

Le organizzazioni che ospitano queste pareti verdi utilizzano il cibo non solo per scopi interni ma destinano anche parte del raccolto a vicini e/o organizzazioni di bisognosi. Los Angeles è stata la città pilota dell’Urban Farming Food Chain, un progetto che attualmente è stato riproposto anche in altre città tra cui New York, Rochester, Detroit e Las Vegas.

Le pareti verdi dell’Urban Food Chain utilizzano la tecnologia Green Living™ Wall con un sostrato tra i 10 e i 15 cm circa di spessore, un semplice programma di manutenzione e un impianto automatico di irrigazione progettato per minimizzare la dispersione delle acque di scolo.
La loro funzione principale è quella di produrre cibo e le colture comprendono pomodori, fragole, peperoncini, cocomeri, lattuga, ravanelli selvatici e legumi.

Oltre all’agricoltura urbana, le pareti verdi dell’Urban Food Chain rappresentano una preziosa opportunità di formazione e di coinvolgimento della comunità. I designer infatti suggeriscono come le installazioni individuali di Food Chain possano essere viste come anelli di collegamento tra luoghi diversi sulla base di un intento e di un progetto condiviso, offrendo inoltre una ridefinizione, più familiare, del termine “catena alimentare”.

Attraverso la creazione, la cura e la manutenzione delle pareti verdi, questi cittadini – di norma del tutto estranei al processo di produzione degli alimenti – toccano con mano il ciclo vitale della frutta e della verdura da loro coltivate e consumate. Gli esperti hanno selezionato questo progetto non solo per il suo aspetto estetico e funzionale ma anche per il modo in cui l’Urban Farming Food Chain riunisce persone economicamente svantaggiate per diffondere e promuovere l’autosufficienza, incoraggiando contemporaneamente una maggiore collaborazione e una migliore interazione sociale.

Fonte: Nemeton High Green Tech Magazine

mercoledì 30 settembre 2009

Celiachia: una malattia che spesso non presenta sintomi evidenti, attenzione ai campanelli d'allarme

Un fastidioso gonfiore persistente dopo ogni pasto, un disturbo gastrointestinale che non vuole andare via: sono questi i segnali piu' conosciuti della celiachia, l'intolleranza permanente al glutine che determina un'infiammazione cronica e il progressivo danneggiamento della mucosa intestinale.
In Italia sanno di esserlo 75.000 persone, ma circa 500.000 aspettano ancora la giusta diagnosi: l'iter diagnostico dei pazienti parte quasi sempre dal medico di medicina generale, soprattutto nel caso di pazienti adulti. Tuttavia, se i malesseri tipici sono facilmente identificabili e noti, non sempre i segnali della celiachia sono cosi' chiari ed evidenti.

I sintomi della celiachia possono essere infatti estremamente vari, ed in alcuni casi, a prima vista assenti.

Accanto alla sintomatologia gastrointestinale piu' evidente esiste una enorme varieta' di sintomi extraintestinali, che generalmente si presentano in eta' adulta, come la dermatite erpetiforme, la poliabortivita', l'osteoporosi. Solo un ascolto attento e profondo, al momento dell'anamnesi, ai disturbi del paziente puo' far comprendere al medico di famiglia che si possa trattare proprio di intolleranza al glutine.

''Sotto l'etichetta dei cosiddetti 'sintomi extraintestinali' della celiachia si raccolgono in realta' la maggior parte delle situazioni in cui si trovano i pazienti adulti - afferma il Dottor Giuseppe Caula, gastroenterologo presso la Divisione di Medicina Interna Presidio Ospedaliero Valdese ASL TO1 di Torino e membro del comitato scientifico Dr Schar -. Molto spesso pazienti di questo tipo arrivano ad una diagnosi definitiva solo dopo un lungo percorso punteggiato da numerosi, e spesso costosi, esami clinici per verificare patologie differenti. Al contrario, un'ipotesi di diagnosi di celiachia che partisse tempestivamente gia' dal medico di medicina generale o dallo specialista potrebbe ridurre sia l'impatto economico e sociale per il SSN sia il costo emotivo di pazienti che spesso soffrono a lungo prima di iniziare a migliorare adottando la dieta senza glutine''.

Per favorire un approccio di ascolto ''tradizionale'' al momento dell'anamnesi del paziente possono essere seguite poche linee guida, che possano aiutare i medici di medicina generale o gli specialisti a ''sospettare'' di una possibile celiachia e richiedere, oltre agli esami specifici per i sintomi in questione, anche il dosaggio degli anticorpi che marcano l'intolleranza.

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