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martedì 12 febbraio 2013

Frutta e verdure alleati preziosi dei nostri reni




Spesso le malattie renali sono causate da una eccessiva produzione di acido, scatenate, a loro volte, da una alimentazione squilibrata e basata sulla introduzione di troppe proteine di origine animale e da cereali.

Partendo da questo presupposto alcuni scienziati del Texas A&M College of Medicine sono arrivati a una conclusione: frutta e verdure possono dimostrarsi un’importante barriera contro le malattie di nefrologica. La ricerca, pubblicata sul Clinical Journal of the American Society of Nephrology, evidenzia che: aggiungere frutta e verdura alla propria alimentazione potrebbe proteggere i reni dalle malattie croniche caratterizzate da eccessiva produzione di acido.

Gli scienziati americani sono arrivati a questa conclusione dopo avere analizzato settantuno pazienti, tutti affetti da malattie croniche renali. Per un periodo lungo un anno a una parte del campione è stati somministrati un farmaco alcalino, mentre all’altro è stato concesso di mangiare frutta e verdura a volontà, questo si è dimostrano un toccasana verso quelle diete sbilanciate a maggioranza di carni e prodotti di origine cerealicola, che spesso possono anche causare acidosi metaboliche.



Dopo un capillare controllo del rispetto delle prescrizioni e delle cartelle cliniche dei partecipanti al trial, gli scienziati sono arrivati alla conclusione al termine del periodo di osservazione che le funzione renali fra i due gruppi erano simili e le misure urinarie relative al danno renale erano basse in entrambi i gruppi. Inoltre, "la misura del Ptco2 (plasma total carbon dioxide)" era più alta nei pazienti che avevano ricevuto il bicarbonato, rispetto a quelli che avevano ricevuto frutta e verdura. Gli scienziati ritengono dunque che aggiungere frutta e verdura possa fornire una valida alternativa terapeutica ai farmaci a base di bicarbonato per trattare le acidosi metaboliche e proteggere i reni.




venerdì 6 agosto 2010

ALIMENTAZIONE: FRUTTA, VERDURA E CEREALI ABBATTONO RISCHIO CANCRO COLON DEL 60%

Una dieta ricca di frutta e verdura, latticini a basso contenuto di grassi e pesce puo' ridurre fino al 65% il rischio di sviluppare il cancro al colon-retto: a sostenerlo, ribadendo una conoscenza gia' acquisita dalla comunita' scientifica ma messa in discussione da alcuni ultimi studi, una ricerca condotta da Paige Miller della Pennsylvania State University e pubblicata sul Journal of Nutrition. ''Abbiamo scoperto - spiega Miller - che una dieta a base vegetale con elevate quantita' di frutta, verdura e cereali integrali, e che preveda il consumo di frutta secca, oli vegetali, pesce e prodotti caseari a basso contenuto di grassi e' associata, sia negli uomini che nelle donne, a un ridotto rischio di tumore colorettale''.

Miller e colleghi hanno valutato la dieta di 431 uomini e donne con cancro colorettale e di 726 uomini e donne sani.

Oltre a trovare una riduzione del rischio di cancro al colon-retto nelle persone che mangiano molta frutta e verdura - 65% nelle donne e 62% negli uomini - gli studiosi hanno rilevato che il modello di dieta associata a un maggiore rischio di cancro include molta carne rossa, carni trasformate, pollame, patate fritte, latte ricco di grassi, dolci, snack salati, burro, maionese condimenti grassi e cereali raffinati. Oltre, ovviamente, al fumare, all'essere in sovrappeso e all'eccedere con l'alcol.

Fonte: http://www.asca.it/

venerdì 26 marzo 2010

Il dimagrimento localizzato di alcune zone del nostro corpo: sogno o realtà?

ASPETTI DELL'OBESITA'
I figli di genitori obesi hanno forti probabilità di divenire anche essi obesi. Si passa dal 40% se un solo genitore è obeso per arrivare anche all'80% se lo sono entrambi. Le femmine presentano anche lo svantaggio, in termini di probabilità, di diventarlo nel doppio dei casi rispetto ai maschi.
L'aumento del grasso sottocutaneo presenta essenzialmente due varianti:

- OBESITÀ IPERTROFICA: dovuta all'aumento in grandezza degli adipociti (cellule di grasso). È il tipo di obesità che nel tempo può portare a incrementi di peso di 10-15 kg oltre la norma.
Questo tipo di obesità appartiene maggiormente al sesso maschile. Oltre al vantaggio che il grasso si distribuisce in maniera uniforme su tutte le regioni del corpo è anche più facile che possa essere eliminato con una dieta opportuna.

- OBESITÀ IPERPLASTICA: dovuta all'aumento numerico delle cellule adipose. Questo aumento può avvenire nelle varie fasi dell'accrescimento umano fino alla pubertà. Può avvenire anche nella fase intrauterina.
È il tipo di obesità che può portare a notevoli incrementi ponderali. Appartiene maggiormente al sesso femminile e tende a collocarsi su alcune regioni del corpo preferenziali.
Questo tipo di obesità, in relazione alla modalità con cui il grasso si distribuisce e modifica l'estetica del corpo, viene definita (Figura):

- OBESITÀ A "PERA" (ginoide): presente nella maggioranza dei casi (circa il 96-97%), deriva dalle funzioni delle ghiandole endocrine (diencefalo-ipofisiaria). È il tipo di obesità ereditaria e può essere fatta risalire agli albori della presenza umana sulla terra dove questa tipologia era indispensabile a garantire la procreazione e la sopravvivenza della madre e del nascituro. La distribuzione del grasso avviene soprattutto sui fianchi, glutei e arti inferiori. L'adipe si presenza particolarmente flaccido unito ad un pallore della cute.

- OBESITÀ A "CONO GELATO" (androide): deriva generalmente dalla disfunzione delle ghiandole surrenali. La distribuzione del grasso avviene soprattutto sul tronco, nuca, collo e viso.
Principali tipi di obesità femminile


Sul numero e sul volume degli adipociti agiscono anche gli ormoni steroidei. Il testosterone tende a ridurne il numero mentre gli estrogeni tendono ad aumentarne sia il numero che il volume, in particolare questi ultimi, nella regione inferiore del corpo. Nella regione superiore del corpo, invece, l'aumento di volume degli adipociti è dovuto all'azione del cortisolo.


COME FUNZIONANO I MEZZI E I METODI PER DIMAGRIRE
LA DIETA
Quando si attua una dieta dimagrante, anche corretta dal punto di vista quantitativo e qualitativo, è necessario tenere presenti alcuni processi fisiologici che vengono attivati:

1- Quando si dimagrisce il grasso viene utilizzato in maniera uniforme da tutto il corpo. Oltretutto il corpo comincia a dimagrire proprio dove il grasso è meno spesso, quindi dal petto in su. Seguono la pancia, i fianchi e, infine, le cosce e le gambe. Quindi non è detto che il grasso cominci a diminuire per primo dove risulta più abbondante e più spesso. Inoltre gli ormoni "bruciagrassi" adrenalina e noradrenalina sembrano privilegiare il grasso depositato sull'addome (tipico dei maschi) rispetto a quello presente sui glutei e sulle cosce (tipico delle femmine).
Esiste un meccanismo, detto di "ridistribuzione", per cui se si perde troppo grasso in una certa regione del corpo è lo stesso organismo a riportarcelo dopo averlo prelevato da un'altra parte. Questo è uno dei motivi della comparsa di "pelle flaccida", situazione che tenderà poi a normalizzarsi dopo qualche mese di mantenimento del peso acquisito in quanto si realizza un rimodellamento estetico. Il trasferimento del grasso da una regione all'altra del corpo avviene attraverso la cosiddetta "migrazione".

2- La perdita di peso iniziale risulta apparentemente notevole, infatti si perdono essenzialmente liquidi a causa del minor apporto glicidico che porta ad eliminazione di acqua (questo perché esiste un rapporto cellulare di 2.8:1 di equilibrio tra glicidi ed acqua corporea). Lo stesso vale per il sale che trattiene acqua per circa 70 volte il suo peso (i 15-20 gr. di sodio introdotti di solito giornalmente trattengono da 1 a 1.5 litri di acqua). Solo in seguito il dimagrimento è reale e a carico del grasso sottocutaneo.

3- Dopo qualche tempo si innesca un meccanismo difensivo, detto di "risparmio", che comporta un consumo calorico nettamente inferiore (anche di oltre il 20%) per sostenere il metabolismo basale. Si realizza anche un minor consumo calorico a parità di lavoro svolto ed una maggiore assimilazione del cibo ingerito. Più la dieta è drastica più il meccanismo del "risparmio" si accentua.

4- Il consumo del grasso sottocutaneo porta alla formazione dei corpi chetonici (acidi derivati dall’acido acetoacetico) che tendono ad innalzare l’acidità del sangue, acidità che può sommarsi a quella derivante dall'attività fisica. Questa situazione può essere parzialmente contrastata con un giusto apporto di glicidi e di alimenti alcalini (specialmente frutta e verdura).


L'ATTIVITÀ FISICA
Sicuramente utile se unita ad una dieta dimagrante bilanciata, comporta i seguenti effetti:

1- La scelta del grasso da "bruciare" non segue un percorso legato necessariamente ai muscoli impegnati ma schemi geneticamente predeterminati in ciascun soggetto. Ad esempio può succedere che un lavoro sui muscoli addominali utilizzi il grasso delle cosce e viceversa.

2- Determina nel tempo un aumento del tono muscolare (leggera e permanente tensione dei muscoli anche in stato di riposo). Questo fatto si evidenzia esteticamente con un aspetto più "sodo" in quanto le varie regioni del corpo risultano più "sollevate" e "retratte" (es.: addome meno prominente e glutei meno cadenti). Il grasso sottocutaneo rimane invariato.

3- L'aumento delle masse muscolari comporta un maggiore consumo di ossigeno a riposo, quindi anche maggiore metabolismo e, quindi, consumo calorico nelle 24 ore.

4- Innalza il metabolismo basale e lo mantiene elevato per diverse ore dopo aver terminato l'allenamento. Quindi un consumo calorico aggiuntivo alla stessa attività fisica.

Specialmente nelle donne può presentarsi la CELLULITE dovuta alle cellule adipose che aumentano di volume e trattengono liquidi. Il metabolismo tra gli spazi intercellulari (microcircolazione sanguigna e linfatica periferica) procede con difficoltà. Quindi è necessario migliorare il drenaggio dei liquidi per evitare una stasi idrica e un processo infiammatorio locale.
Pertanto l'attività fisica deve essere impostata con alcuni accorgimenti:

- L'attività aerobica (di durata) è la più indicata in quanto favorisce la circolazione sanguigna periferica e in particolare la microcircolazione a livello tessutale e cellulare delle regioni muscolari impegnate. Inoltre le fibre muscolari a contrazione lenta tendono a specializzarsi nella migliore utilizzazione degli acidi grassi.
L'intensità ideale è quella regolata tra il 60-70% della propria massima frequenza cardiaca (numero di pulsazioni al minuto). La massima frequenza cardiaca è data dalla formula: 220 - età anagrafica. L’intensità di lavoro che non va comunque oltrepassata è quella che permette di dialogare con un partner senza affanno.

- L'attività anaerobica (forza e tono muscolare) è meno indicata in quanto già al 40% della massima tensione muscolare si ha una costrizione dei vasi sanguigni dei muscoli impegnati. Se si decide di attuarla è opportuno seguire un programma che non ostacoli un ricambio ottimale a livello cellulare e limiti anche la formazione di acido lattico.

Questo è possibile:
- usando pesi di bassa entità (che permettano l'esecuzione di almeno 25 ripetizioni in una serie)
- eseguendo ogni ripetizione con ritmo fluente e controllato senza pause che mantengono i muscoli in tensione isometrica
- portando le serie a esaurimento non esasperato
- attuando recuperi completi tra una serie e l'altra (mediamente 3 minuti) e tra un allenamento e l'altro (mediamente 2 giorni).


I "BRUCIAGRASSI"

Nel pensare comune come anche nei messaggi pubblicitari ci sono delle strategie o dei prodotti che sembrano promettere dei veri e propri miracoli nel dimagrimento generale e in quello localizzato.

La realtà è molto diversa in quanto:
1- Diuretici, sauna e lassativi fanno solo perdere momentaneamente acqua e sali minerali (sodio, potassio e cloro). I rischi possono essere delle disfunzioni cellulari, nervosismo, crampi muscolari e perdita di efficienza fisica.

2- Massaggi e idromassaggio possono solo aiutare nel recupero dalla fatica muscolare (smaltimento delle tossine) ma non intaccano le riserve di grasso sottocutaneo se non in maniera insignificante (il meccanismo di sudorazione comporta un minimo dispendio calorico). L’unico che consuma calorie e può dimagrire è solo chi esegue i massaggi.

3- Le fasce sintetiche non fanno evaporare il sudore e, quindi, accumulando liquidi tra pelle e fascia dando solo l'impressione di una maggiore sudorazione nella regione del corpo che avvolgono. Se messe a contatto diretto della pelle possono causare irritazioni e alterazione nella traspirazione tra pelle e ambiente (termoregolazione corporea). In presenza di temperatura esterna elevata e umidità possono contribuire a determinare pericolosi colpi di calore.

4- Le creme applicate localmente non hanno alcuna efficacia. Al massimo possono avere un effetto estetico legato ad una maggiore idratazione e una circolazione sottocutanea momentaneamente più attiva.

5- Gli elettrostimoli applicati localmente determinano solo una contrazione muscolare utile a migliorare il tono muscolare dei fasci muscolari meno profondi. Il consumo energetico è poco significativo.

6- I prodotti sintetici e gli estratti naturali ad azione "locale" non hanno una comprovata evidenza scientifica. Alcuni di questi hanno anche subito delle diffide da parte degli organi di controllo. Solitamente chi li propone si preoccupa anche di consigliare una dieta dimagrante e una attività fisica sistematica.



Autore: Stelvio Beraldo
Maestro di Sport

Interamente tratto da: http://www.sportmedicina.com/




domenica 21 febbraio 2010

Ipertensione quali sono le piante e i rimedi naturali per curarla

L'ipertensione e' un problema molto freguente ed quasi sempre è necessario ricorrere a farmaci specifici per combatterla, ma non tutti sanno che esistono anche molti rimedi naturali che aiutano a mantenere la pressione nella norma e a riportare ai giusti valori qualche dato che spesso raggiunge i massimi.

Sia che si assumono farmaci oppure piante medicinali per abbassare la pressione bisogna sempre prestare molta attenzione a cosa si utilizza, perché un improvviso calo della pressione può essere altrettanto dannoso di avere la pressione troppo alta.

Quindi è sempre meglio chiedere il parere del medico o di un erborista professionale, meglio se fitoterapista, prima di avventurarsi nell’automedicazione. Di seguito vengono illustrate quali sono le piante medicinali che possono esservi di aiuto in caso di ipertensione.

Una delle piante migliori da utilizzarsi per la cura dell'ipertensione è l'olivo, è molto efficace ed adatta anche a terapie lunghe perchè priva di tossicità. A questo scopo in fitoterepia si utilizzano le foglie che hanno un'azione vasodilatatrice e quindi sono ipotensive, cioè abbassano la pressione del sangue, sia la massima che la minima.

Molto efficace, specialmente quando vi sia la necessità di ottenere un rapido abbassamento della pressione sanguigna, è il decotto di foglie di olivo: si fanno bollire 20 grammi di foglie di olivo in 300 di acqua fino a ridurre di 1/3, e questa (una tazza) è la dose giornaliera, l'effetto si avverte rapidamente ma è bene insistere per almeno 15 - 20 giorni.

Nel caso di un'ipertensione più lieve si può utilizzare l'infuso, 30 - 50 grammi di foglie in un litro, da infondere per 25 minuti, se ne assumono 2-3 tazze al giorno.
L'infuso di foglie di olivo ha anche proprietà depurative e diuretiche, antiuriche, ipolipemizzanti, ed ipoglicemizzanti, quindi svolge anche un'utile azione disintossicante generale, con particolare mira all'eccesso di acidi urici, grassi e zuccheri nel sangue.

Un preparato valido da utilizzarsi qualora non si avesse il tempo di preparare la tisana è la tintura madre di foglie di olivo, la dose, variabile a seconda dei casi, è di 30-50 gocce 3 volte al giorno.

In commercio si trovano anche validi preparati nei quali l'olivo è associato ad altre piante ad azione ipotensiva, in particolare biancospino, vischio ed aglio.
Il biancospino (utilizzabile anche in tisana insieme all'olivo) coadiuva l'azione ipotensiva e regolarizza l'attività cardiaca, proprietà utile nelle lievi aritmie, il vischio è dotato di una notevole azione ipotensiva, ma, utilizzato da solo, non è adatto a terapie lunghe perchè dotato di una certa tossicità, l'aglio, blandamente ipotensivo, aiuta ad regolare l'eccesso dei lipidi del sangue (colesterolo e trigliceridi), problema che spesso si trova associato all'ipertensione.


Fonte: http://www.encanta.it/

venerdì 29 gennaio 2010

La frutta secca oltre a darci energia ci aiuta nella memoria e protegge il sistema cardiocircolatorio

Il termine “frutta secca” in geneale indica i frutti oleosi come noci, nocciole e mandorle. Ognuno di questi frutti ha delle proprietà particolari, e in tutti, se consumati con moderazione, nutrono, rinvigoriscono corpo e mente, proteggono il sistema cardiocircolatorio, il cervello, la pelle, i capelli e i muscoli.  Sono anche adatti per chi fa sport, svolge un lavoro intellettuale o evita di mangiare carne.


I frutti oleosi apportano sostanze per lo più presenti nei prodotti di origine animale e necessarie all’organismo: dalle vitamine B alle proteine.


Noci, mandorle, nocciole, pistacchi, noci del brasile, arachidi, sono tutti cibi ricchi di vitamine del gruppo B, fosforo, rame, calcio, proteine e acidi grassi essenziali importantissimi per lo sviluppo dell’organismo e per il mantenimento di tutte le sue funzioni.
L’elevato contenuto di grassi rende la frutta secca ipercalorica: la maggior parte delle varietà contiene, infatti, più di 500 calorie per 100 g. Tuttavia si tratta di grassi mono o poli insaturi (circa l’85%).
La sostituzione nella propria dieta dei grassi saturi (di cui sono ricchi, oltre la carne, anche i formaggi e il burro) con i grassi insaturi della frutta secca contribuisce ad abbassare i livelli di colesterolo, riducendo anche il rischio di aterosclerosi e di cardiopatie.
Altro punto a favore di questi alimenti è la loro ricchezza di acidi grassi Omega 3. Oltre ad aiutare nella lotta contro le malattie cardiache, gli acidi grassi Omega 3 dei frutti oleosi hanno anche effetti benefici nella cura dell’artrite e di altre forme infiammatorie.

Caratteristiche principali della frutta secca:
- Noci anticolesterolo

- Arachidi per crescere bene
- Nocciole per proteggere il cuore
- Pistacchi: sì ma senza sale. E ti tolgono l’ansia!

- Mandorle per essere felici

- Anacardi ripuliscono il sangue


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Fonte: http://obiettivobenessere.tgcom.it/

giovedì 23 aprile 2009

Esagerare con la frutta puo' far male


In alcuni soggetti particolarmente sensibili il consumo esagerato di frutta troppo acquosa (tipo ananas, ciliegie o fragole) contenente un alto tasso di acidi grassi, potrebbe provocare un abbassamento del ph nel sangue che normalmente si aggira sui 7.2.

Scientificamente le diete ricche di frutta fresca forniscono un elevato valore nutrizionale e proprietà antiossidanti, vitaminiche e una quantita' di sali minerali.
Alcuni frutti come la banana possono addirittura sostituire un pasto.

Nel caso di frutta acquosa con alto contenuto di acidi grassi, il nostro organismo tenta di riequilibrare il valore del ph attingendo a sali minerali quali fosfati e calcio contenuti nelle nostre ossa, provocando cosi' una demineralizzazione e un abbassamento delle difese immunitarie.

Orientativamente non si dovrebbero superare oltre i 400 gr di frutta al giorno, tenendo presente che le bucce, se consumate, possono causare in soggetti sensibili, gonfiori o irritazioni della mucosa intestinale. inoltre la frutta cotta da un lato modifica la struttura delle fibre rendendola più digeribile, di contro sviluppa maggiore acidità.

E' buona norma integrare la nostra alimentazione oltre che con la frutta anche con un consumo giornaliero di verdure.


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