sabato 4 dicembre 2010

La soluzione degli agronomi per salvare le palme italiane dal punteruolo rosso

Quella del 2010 è la peggiore epidemia che mai si sia verificata in Italia, per quanto riguarda gli attacchi alle palme da parte del punteruolo rosso. Preoccupazione (ma anche contromisure efficaci) da parte del Conaf (Consiglio dell’ordine nazionale dei dottori agronomi e dei dottori forestali) che per debellare il problema del punteruolo rosso della palma (un coleottero curculionide, originario dell'Asia, micidiale parassita di molte specie di palme) sottolinea quanto sia necessario fare prevenzione, così da anticipare l’attacco e salvare le piante.

Nei prossimi mesi, intanto, il Conaf – come è stato annunciato oggi a Roma in occasione dell’Assemblea nazionale degli ordini provinciali – organizzerà un convegno scientifico di carattere nazionale, 'con l‘obiettivo di giungere ad una soluzione definitiva – ha detto il presidente Conaf, Andrea Sisti - che debelli il problema del punteruolo rosso delle palme, a vantaggio del verde urbano di tutta Italia'.

Oltre ad un doppio intervento da eseguire al tronco e alle foglie, è necessario agire nei tempi giusti: 'In passato gli attacchi si verificavano nel periodo giugno-luglio – precisa Giovanni Chiofalo, coordinatore del Dipartimento Verde Urbano del Conafadesso a settembre-ottobre, a causa dell’innalzamento medio delle temperature. Abbiamo monitorato l’evolversi degli attacchi del punteruolo rosso in molte località siciliane ed anche in altre città italiane (Genova Roma, Lago di Garda, etc.), con un campione di 110 piante, riscontrando risultati positivi grazie agli interventi eseguiti a fine luglio-metà agosto, proprio perché siamo riusciti ad anticipare gli attacchi di settembre'. Fra la fine di agosto e gli inizi di settembre – assicura il Conaf – arrivano le larve; quello è il momento di intervenire: 'Con l’endoterapia – aggiunge Chiofalo -, un sistema di difesa del verde urbano che permette la eliminazione di insetti nocivi senza disperdere prodotti chimici nell'ambiente, attraverso un apposito strumento abbiamo iniettato nel fusto della palma, a 80 centimetri da terra, un insetticida che non è dannoso per la pianta ma che uccide la larva del punteruolo. Il trattamento (costo 120 euro per intervento) si effettua con un trapano che penetra nel tronco, quindi attraverso dei piccoli tubi si inietta l’insetticida'.

Contemporaneamente è da utilizzare il metodo a pioggia: 'Spruzzando una soluzione antiparassitaria - prosegue il dottore agronomo Giovanni Chiofalo – si agisce anche sulle foglie della palma, per avere così un intervento completo ed efficace anche sulla chioma, per combattere il punteruolo rosso adulto ed evitare la deposizione delle uova. I trattamenti vanno eseguiti dalla metà di giugno ogni settimana, e non una volta ogni tre settimane come avveniva in passato. Il costo di ogni trattamento del genere è di 200 euro a pianta'. Il Conaf sottolinea come il punteruolo rosso attacchi ormai anche altre piante, come ad esempio il Chamaerops (conosciuta anche come palma umana).

Fonte: Conaf
Alcuni testi per meglio conoscere le palme:

venerdì 26 novembre 2010

Punteruolo rosso: In arrivo il "naso elettronico" che permetterebbe di individuare le infestazioni delle palme già nelle prime fasi di attacco.

 Il centro studi e ricerche di Sanremo ha presentato il Progetto Palmis - Palme in sicurezza.
Tale progetto prosegue la precedente Iniziativa dell'Università di Palermo: "adotta una trappola" per contrastare e combattere le infestazioni.

Si tratta di un rilevatore di odori che permetterebbe di individuare le infestazioni alle palme nelle prime fasi di attacco del punteruolo rosso.
Lo studio delle palme, nell’ambito della VI Biennale europea, ha aperto nuovi orizzonti alla ricerca grazie agli interventi di carattere tecnico e biomeccanico presentati: il Progetto PALM.I.S. – Palme in Sicurezza - e i risultati di ricerche effettuate sul metodo del VPA strumentale, la tomografia sonica, la tomografia di conducibilità elettrica e il naso elettronico.
Si tratta dell’individuazione del rischio di schianto nelle palme, attraverso un’indagine visiva approfondita – il VPA Visual Palm Assessment – basata sui dati rilasciati da strumentazione sofisticata.

Dal momento che le palme, a differenza delle degli alberi, non ci trasmettono con facilità il loro stato di salute attraverso segnali esteriori, la tomografia sonica (che indaga la densità del legno) e quella di conducibilità elettrica (che ne misura la qualità) mirano ad indagare nell’intimità dei monocotiledoni, segnalandoci possibili fratture e cavità che ne compromettono la stabilità. Il tutto per una maggiore sicurezza pubblica, oltre che un intervento di cura rapido.

E’ però il naso elettronico la grande novità dei Dies palmarum 2010. Si tratta di un ‘rilevatore’ di odori che riesce a scoprire ‘fiutando’ la presenza del Punteruolo rosso nascosto all’interno della palma. Il ‘naso elettronico’ permetterebbe di individuare le infestazioni già nelle prime fasi di attacco quando ancora non sono comparsi segnali esteriori sulle foglie o il capitello.

Simile a un contatore, il naso elettronico è stato recentemente testato a Sanremo presso la serra sperimentale del Centro studi e ricerche per le palme ad opera della Coop. Demetra guidata da Gabriele Villa e Letizia Pozzi. L’apparecchio memorizza l’odore della palma infestata dal rincoforo ed è in grado di segnalare il riconoscimento della sua presenza nelle altre.

Ha commentato Claudio Littardi, ricercatore  del Centro studi e ricerche delle palme di Sanremo,
"La ricerca a Sanremo continua, grazie ai rosei orizzonti aperti dalla tomografia sonica e elettrica, che accoppiate ci daranno un quadro della stabilità della palma più dettagliato, mentre il naso che fiuta la presenza del parassita ci permetterà di intervenire in modo tempestivo”.

Per informazioni: Centro studi e Ricerche per le palme di Sanremo, tel. 349-8362307.

Fonte: http://agronotizie.imagelinenetwork.com/

lunedì 22 novembre 2010

Piante e animali: in natura adottano gli stessi meccanismi di difesa


Animali e piante condividono molecole di riconoscimento per batteri e virus e meccanismi di difesa simili.

Molto più di quanto finora non si sospettasse. Lo sostengono Pamela Ronald dell'Università della California di Davis e Bruce Beutler dello Scripps Research Institute su Science, in un articolo che passa in rassegna i più recenti studi sul sistema immunitario innato. Questi lavorano infatti quasi esattamente nello stesso modo in entrambi i regni, sebbene l’antenato comune dovrebbe risalire a circa un miliardo di anni fa.

Diversamente dalla risposta adattiva (ovvero quella estremamente specifica che l’essere umano e gli altri animali sviluppano a seguito dell’incontro di un patogeno), la risposta innata riconosce specifiche molecole che sono condivise da diversi microbi e sono essenziali per la loro sopravvivenza. Eppure, data l’enorme differenza tra piante e animali, fino a qualche anno fa si era supposto che i meccanismi di difesa fossero completamente diversi. Invece, come sta emergendo da alcuni anni, un’evoluzione convergente ha fatto sì che mondo vegetale e animale rispondessero allo stesso modo di fronte ai segnali lasciati dai batteri.

In particolare - argomentano i ricercatori – ci sono due motivi ricorrenti nei sistemi di difesa: i recettori addetti al riconoscimento e le molecole che trasmettono il segnale di pericolo. Piante, insetti e mammiferi, pur avendo proteine altamente specifiche dedicate ad avvertire la presenza di molecole batteriche, condividono regioni proteiche comuni. La chiave della somiglianza starebbe nella presenza ripetuta dell’aminoacido leucina, importante nella fase del riconoscimento del nemico. Poi, dopo aver riconosciuto il segnale di pericolo, tutte le cellule, non importa a quale specie appartengano, trasmettono l’allarme usando un altro motivo proteico comune (chimato motivo chinasico non-RD, ovvero privo degli aminoacidi arginina e aspartato).

Come sottolineano gli autori, i vantaggi di questa “immunologia evolutiva”, per quanto ancora agli albori, potrebbero rivelarsi molto importanti, sia per la ricerca applicata sulle piante, sia per nuove terapie per gli esseri umani. “E’ come se, per ora, conoscessimo solo alcune foglie del grande albero della vita”, spiegano i due studiosi. “Quando avremo sequenziato i genomi di quasi tutte le specie di piante e animali, potremo risalire a tutti i meccanismi di difesa ed elaborarne di nuovi a partire da altre specie”.

Fonte: http://www.galileonet.it/articles/4cea30b272b7ab2c1a000005
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