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L’estrazione e l’esame del Dna del reperto effettuato dai genetisti del Centro di Antropologia Molecolare per gli studi sul Dna antico dell’Università di Tor Vergata, sembrano confermare che quella ragazza possedeva i geni che predispongono alla malattia da intolleranza al glutine e di conseguenza la celiachia abbia avuto una origine molto più lontana di quanto si pensasse e che abbia fatto parte della storia dell’uomo fin dall’introduzione del grano nella nostra alimentazione.
La giovane è certamente morta in condizioni di deperimento fisico, come testimoniato dalla bassa statura, dall’osteoporosi, dall’ipoplasia (sviluppo incompleto) dello smalto dentale e da una caratteristica porosità dell’osso, segno di anemia. «Poiché la ragazza di Cosa apparteneva di certo a una famiglia agiata (come si desume dai gioielli che la ragazza indossava al momento del ritrovamento e dalle caratteristiche della sua tomba) , non è pensabile che tutti questi segni di malnutrizione che il reperto siano dovuti a condizioni di scarsa disponibilità di cibo», spiega direttore della UOC di Medicina Interna e Gastroenterologia del Policlinico A. Gemelli di Roma Antonio Gasbarrini. «Questi elementi hanno fatto supporre che la “ragazza di Cosa” potesse essere affetta da celiachia. Di qui è partita l’idea di isolarne e analizzarne il Dna per vedere se la giovane avesse i geni predisponenti alla malattia».
La prova genetica offerta da questo studio, insieme a tutti gli altri segni fisici riscontrati sul reperto, avvalorano l’ipotesi che la “ragazza di Cosa” sia il primo caso documentato di celiachia della storia.
Fonte: healthdesk.it/ricerca