venerdì 11 giugno 2010

Agapanto, nel giardino dell'estate: I suoi colori tipici, blu, azzurro e bianco, comunicano un tocco di freschezza e rendono il giardino più bello da vivere proprio nei periodi più caldi dell’anno.

L’Agapanto è una pianta voluminosa ma, allo stesso tempo, leggera. Tra il folto ciuffo di foglie nasce infatti lo stelo slanciato che termina con una vivace e attraente infiorescenza. I suoi colori tipici, blu, azzurro e bianco, comunicano un tocco di freschezza e rendono il giardino più bello da vivere proprio nei periodi più caldi dell’anno.

I fiori iniziano infatti a sbocciare intorno alla metà dell’estate, quando la maggior parte delle piante comincia a sfiorire, e durano fino alle soglie dell’autunno.

L’Agapanto ha una buona capacità di adattamento e quindi cresce bene anche in vaso, diventando interessante anche come pianta ornamentale per il balcone e il terrazzo; è facile da coltivare e dà grande soddisfazione anche a chi è alle prime esperienze con il giardinaggio estivo.

Gli inglesi lo chiamano “African Lily” per ricordare la sua terra d’origine: l’Africa meridionale. Il suo nome in greco significa “fiore dell’amore”.





Come coltivarlo e… altre curiosità
Le radici tuberizzate di Agapanto si piantano in primavera. Bisogna scavare nel terreno delle piccole fossette, deporre sul suolo il bulbo di Agapanto e ricoprirlo con circa 5 cm di terriccio. Tra una pianta e l’altra è importante lasciare circa mezzo metro di distanza, perché le foglie formano una massa voluminosa e hanno bisogno di spazio per crescere. Non occorrono sostegni perché lo stelo fiorale è molto robusto. Non bisogna dimenticarsi di scegliere un angolo soleggiato del giardino.

Se si desidera piantare l’Agapanto in vaso bisogna sistemare la radice al centro di un vaso di circa 40 cm di diametro, meglio se profondo o a forma di orcio. Anche in questo caso bisogna ricordarsi di sistemare il vaso al sole.

Profondità di piantagione: 5 cm, giusto quel tanto che basta a coprire la radice tuberizzata.
Distanza: per permettere lo sviluppo delle foglie, a seconda delle varietà, bisogna piantare i bulbi di Agapanto a una distanza di 20 - 50 cm.
Periodo di fioritura: da metà estate all’inizio dell’autunno
Altezza dello stelo: l’altezza dello stelo può variare tra 60 e 120 cm. Cosa fare dopo la fioritura: quando le infiorescenze appassiscono, bisogna recidere gli steli alla base, cioè a pochi centimetri da dove spuntano dal terreno. Dopo occorre lasciare appassire le foglie e, quando sono ingiallite, bisogna reciderle e coprire il terreno con una miscela di paglia e cenere per proteggere le radici contro i rigori invernali.

Per i principianti
Temete di non saper piantare l’Agapanto? Nessun problema: è facilissimo, basta seguire le istruzioni riportate sulle confezioni. Per i più pigri, comunque, a partire da giugno nei vivai è possibile acquistare le piantine già germogliate, con il ciuffo di foglie pronto a esplodere e l’infiorescenza a poche settimane dalla fioritura. Una volta a casa, togliete il vaso di plastica in cui è coltivato e trasferite l’Agapanto in un vaso più ampio, aggiungendo terriccio sul fondo e lungo i bordi. Coltivate rigorosamente all’aperto: sul balcone o in terrazzo.

Le varietà
Le varietà di Agapanto sono numerose ed è facile riconoscerle per il colore, l’altezza dello stelo e per la forma dell’infiorescenza.
Colore bianco: Alice Gloucester, Snowy Owl, ‘Polar Ice.
Blu chiaro: Blue Moon, Blue Triumphator, e ‘Golden Rule’.
Blu: Donau e Pinocchio.
Blu scuro e intenso: Ben Hope, Blue Giant, Castle of Mey, Intermedius, Midnight Blue e Isis.

La varietà Albovittatus ha foglie e fiori con strisce più chiare.
Gli steli di Ben Hope e Blue Giant superano un metro di altezza, mentre, nelle altre varietà la lunghezza media è compresa tra i 60 e i 90 centimetri.




L’infiorescenza
Per quanto riguarda la forma delle infiorescenze, gli Agapanti vengo suddivisi in tre gruppi principali: a “ombrella arrotondata” con fiori campanulati o a tromba, a “ombrella intermedia”, simile a una semicupola con fiori solitamente a tromba, e a “ombrella pendula”, con fiori tubulari rivolti in basso che non si aprono mai completamente.

Fonte: http://culturadelverde.imagelinenetwork.com/

lunedì 7 giugno 2010

SOS salviamo i coralli, sperimentata una nuova tecnica, una sorta di giardinaggio marino, basta trapiantare rametti di corallo rotti sulle barriere coralline e presto si riprodurranno.

Le barriere coralline del mondo sono a richio estinzione, cominceranno a disintegrarsi entro la fine del secolo, come conseguenza dell'aumento di anidride carbonica che rende gli oceani più acidi. L'allarme è stato lanciato dagli scienziati che hanno identificato il 'punto di non ritorno' dell'ecosistema dei coralli, ovvero il momento in cui la capacità delle barriere di rigenerarsi verrà sorpassata dalla velocità con cui si disgregano.

Tra i numerosi rimedi che sono stati ipotizzati o messi in campo per la salvaguardia delle barriere è stata prospettata una soluzione semplice ed economica per tenerle in vita rigogliose. Si tratta di una sorta di giardinaggio marino: basta trapiantare rametti di corallo rotti sulle barriere coralline e questi nel giro di qualche anno formeranno nuovi grandi coralli adulti, del tutto reintegrati nella barriera.

Questa tecnica è stata testata con successo al largo delle Isole Vergini britanniche le cui barriere coralline sono messe a dura prova dalle tempeste. Non serve essere un giardiniere esperto per sapere che piantando un rametto rotto ne può nascere una nuova pianta grande e rigogliosa: il rametto (o talea) interrato emette radici e genera un nuovo individuo.
Gli esperti hanno provato a fare lo stesso con pezzi di corallo: hanno 'piantato' rametti di corallo danneggiati, scoprendo nel giro di pochi mesi molte di queste microcolonie 'attecchiscono' a perfezione e in alcuni anni riescono a formare nuovi grandi banchi corallini.

Le barriere coralline attualmente sono condannate a scomparire quasi totalmente, considerando che la loro salute è legata alla crescita delle temperature e all'acidificazione degli oceani, oltre che allo sviluppo delle coste, all'eccessivo sfruttamento delle risorse ittiche e all'inquinamento.
Dal 1950 è già scomparso il 20% delle barriere coralline, un altro 20% è a rischio di collasso, mentre il 58% è minacciato dalle attività umane (di cui l'80% nel Sudest asiatico).

Fonte: ANSA

giovedì 3 giugno 2010

Celiachia: alta percentuale di soggetti celiaci nel popolo Saharawi, una popolazione molto omogenea sfollata in Algeria

Nel popolo Saharawi è stato riscontrato un alto tasso di celiachia, sicuramente imputabile ad una predisposizione genetica: è una popolazione molto omogenea ha cioè un pedigree genetico piuttosto esclusivo. Il loro sfollamento in Algeria, la condizione di profughi e la loro sussistenza affidata agli aiuti umanitari ha determinato un improvviso carico di glutine in gente che non era avvezza al consumo di cereali: questo evento ha indotto una mutazione genetica che si è "accesa" in una larga fetta della popolazione.


L’arrivo di aiuti umanitari ha introdotto, nell’alimentazione di questo popolo, i cibi a base di farina di frumento e con essa il glutine, alimento fino ad allora sconosciuto, scatenando l’insorgere della celiachia in una percentuale che, fino ad ora, è la più alta riscontrata in una popolazione cioè del 5,6 % contro l’1% nella popolazione generale. I volontari che già da allora si occupavano di questi bambini li vedevano morire di diarrea e malnutrizione e cominciarono a sospettare l’intolleranza al glutine, ipotesi che si rivelò ben presto esatta.

Nei campi profughi i bambini sono 50.000 di cui 500 diagnosticati celiaci, con un'incidenza del 5/6%.

Fonte: http://www.sardegna-saharawi.it/
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