Visualizzazione post con etichetta inquinamento. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta inquinamento. Mostra tutti i post

venerdì 13 aprile 2012

Contro l'inquinamento le piante hanno imparato a dosare le tossine




Ne' troppo, ne' troppo poco!
E' questo il segreto delle piante per sopravvivere. Nuove conoscenze sul modo in cui si nutrono le piante, acquisendo minerli dal terreno, sono stati pubblicati da un team di ricercatori della Ruhr-Universitat in una serie di tre articoli pubblicati su The Plant Cell.

I ricercatori hanno scoperto funzioni innovative della molecole nicotianamine, responsabili del metabolismo dei metalli. "Si tratta di risultati importanti per l'agricoltura sostenibile e, inoltre, per la nostra salute - ha detto Ute Kramer, ricercatrice del Dipartimento di Fisiologia Vegetale dell'universita' tedesca - perche' questo tipo di molecole aiuta a prevenire problemi causati da carenze di nutrienti essenziali nella nostra dieta".

Tutti gli organismi hanno bisogno di ferro, zinco e rame come nutrienti. Essi contribuiscono alle funzioni essenziali della cellula come catalitici. Poiche' le piante sono all'inizio della catena alimentare, un contenuto sufficiente di questi minerali e' fondamentale per l'alimentazione umana. "Approfondire il funzionamento di questo tipo di molecole - ha concluso il ricercatore - e' dunque fondamentale per capire come bilanciare l'apporto di nutrienti alla nostra dieta".

Fonte: http://www.agi.it/

Condividi:

domenica 6 novembre 2011

Tarlo asiatico: dopo il punteruolo rosso arriva un altro temibile insetto nemico delle piante






Un nuovo pericolo per la salute delle nostre piante si fà sempre più avanti, si tratta del tarlo asiatico, giunto, sembra, nascosto in alcuni bonsai importati dalla Cina qualche anno fà.
Il coleottero, che da adulto raggiunge dieci centimetri di lunghezza, è considerato «pericoloso», perché estremamente aggressivo.
Il temibile insetto può distruggere la piante, anche quelle sanissime, e lo fa in maniera estremamente aggressiva.

Il fenomeno, per il momento, è localizzato in Lombardia,  è difficile da debellare e il contagio di una sola pianta rischia di estendersi a macchia d’olio.  Per tale motivo le autorità si sono mosse e la Regione sta tappezzando la metro di Milano con manifesti che recitano: "tarlo asiatico, un pericolo per il nostro ambiente" invitando i cittadini a chiamare il numero verde 800 318 318  laddove si scoprissero dei focolai, notando  i buchi del tarlo, adesso che le foglie sono cadute.

"E’ un minatore del legno – spiega Ferrini, docente di arboricoltura urbana e presidente della Società Italiana di Arboricoltura -. Scava, quindi, delle gallerie in tutto l’albero, creando dei fori dal diametro che può arrivare anche oltre il centimetro. Tali gallerie, infatti, penetrando al suo interno, e attraversandola per intero, ne interrompono il flusso linfatico di entrambe le direzioni. Sia quello che procede dalle radici verso le foglie, ovvero la linfa grezza, sia la linfa lavorata che, dalle foglie torna alle radici".

Molto efficaci sembrano alcune tecniche di lotta biologica, utilizzando una piccola vespa che si nutre delle uova del tarlo asiatico. Questa vespetta depone le sue uova all' interno dell' uovo del tarlo e lo annienta.
Le piante che subiscono tale attacco non hanno scampo, per cui oltre al fermo della vegetazione, la pianta appasisce e perde vitalità, rappresenta un pericolo perchè viene a minarsi la stabilità meccanica e strutturale della pianta stessa che potrebbe cedere da un momento all'altro causando danni a persone e cose. Vanno quindi abbattute e bruciate per evitare ulteriori contagi,

domenica 25 settembre 2011

safefood è un microchip che riconosce se un alimento è contaminato;




Un microchip individua gli alimenti contaminati
TuttoPerLei.it
 E' un microchip che può essere portato in tasca o nella borsa e serve a riconoscere gli alimenti contaminati. A questo sistema, sta lavorando una ricerca partita dall'Università degli Studi di Pavia, che ha vinto uno dei finanziamenti da 30mila euro ...

Safefood: l'assaggiatore elettronico per testare la qualità dei ...
wellMe.it
Il maggiordomo, l'uomo di fiducia, il fedelissimo del nobile padrone di casa: queste erano, nel passato, le figure incaricate di testare la qualità dei cibi, prima che il gran signore li portasse alla bocca. Una scommessa sulla vita, ogni volta, ...

Vuoi controllare la qualità di un alimento? Usa il microchip
controcampus.it
"Mens sana in corpore sano", il vecchio e saggio motto latino, sembra al giorno d'oggi aver trovato applicazioni puramente estetiche, si va in palestra per curare il fisco, ma spesso, si trascura l'alimentazione mangiando cibi poco sani. spesso ...

Working Capital, vince il chip anti-contaminazione di Lucia Fornasari
NEWSFOOD.com
Un sensore portatile in grado di analizzare gli alimenti ed individuare eventuali contaminazioni. Questo è Safefood, vincitore di uno dei quattro premi (finanziamenti di 30.000 Euro l'uno) offerti da ".Working Capital-Premio nazionale Innovazione". ...

Chip che riconosce alimenti contaminati
ANSA.it‎
Un microchip da portarsi in tasca o nella borsa per riconoscere gli alimenti contaminati. A questo sta lavorando una ricerca nata presso l'Università degli Studi di Pavia, che ha vinto uno dei finanziamenti da 30mila euro di ...

mercoledì 29 dicembre 2010

Inquinamento ambientale: dalla Francia un aiuto viene fornito dalle piante

La lotta contro l'inquinamento in Francia può trarre benefici dall'aiuto di alcune piante.
Si tratta di quello che viene ormai definita fitodecontaminazione, di cui abbiamo già parlato nel precedente post:  Arrivano le piante mangia-metalli. Come risanare, con la coltivazione di piante, i terreni inquinati da metalli pesanti a causa delle attività umane.


Tale tecnica consiste nell’utilizzare alcune piante e i diversi microrganismi presenti nelle loro radici per togliere dalle acque di scarico e dai terreni che si trovano presso le zone industriali le sostanze nocive responsabili dell’inquinamento ambientale e dei danni ambientali da esso provocati.
La soluzione è stata adottata con successo sia dai piccoli centri che da grandi città, insieme alle opportunità offerte dai consueti depuratori.


Tutto dipende dal tipo di impatto ambientale che riusciamo a mettere in atto. È vero che l’impatto ambientale può essere ridotto accumulando di meno, in vista di un consumo ecocompatibile. Ma non basta solo questo. A volte per portare beneficio contro gli effetti dell’inquinamento si può ricorrere a metodi alternativi, come appunto il fitorimedio. Quest’ultimo è riuscito a determinare una qualità migliore dell’acqua e una trasformazione del paesaggio all’insegna della natura. In certi casi l’acqua è addirittura diventata balneabile e sono stati messi a punto giardini, con i quali è stato possibile nascondere alla vista le fabbriche.



Naturalmente bisognerebbe tenere presente che il metodo ha anche dei limiti. Per essere applicato occorrono dei terreni spaziosi e i vantaggi riscontrabili richiedono la messa in atto di un percorso più lungo nel tempo rispetto a quello garantito dalla depurazione chimica. Tuttavia l’aiuto messo a disposizione dalle piante contro l’inquinamento delle acque e del suolo non è affatto da sottovalutare, se si vuole rientrare nella classifica dei Paesi più ecologici in fatto di sostenibilità ambientale.


Fonte: Ansa

martedì 21 dicembre 2010

Arrivano le piante mangia-metalli. Come risanare, con la coltivazione di piante, i terreni inquinati da metalli pesanti a causa delle attività umane.

Recenti studi hanno dimostrato l'efficacia della fitodecontaminazione, mediante cui, girasoli, mais e brassica possono essere impiegati come sistemi di disinquinamento.

"Elevate concentrazioni di metalli in forma diffusa e parcellizzata quali polveri, microparticelle presenti nell'aria, nel suolo e nelle acque", spiega Franco Gambale, direttore dell'Istituto di biofisica (Ibf) del Cnr di Genova, "possono avere gravi conseguenze sulla salute umana e tra i metalli pesanti il piombo è l'elemento più diffuso. Le tecniche utilizzate fino a oggi, con elementi chimici, hanno limiti oggettivi sia per i costi di bonifica delle aree interessate, sia per gli effetti successivi al trattamento: perdita della fertilità e altre gravi alterazioni di natura chimica, fisica e biologica, tali che le aree inquinate rimangono inutilizzate per decine di anni".

La fitodecontaminazione, al contrario, è un processo di purificazione naturale, in quanto, continua il direttore dell'Ibf-Cnr "sfrutta la capacità delle piante di assorbire elementi e composti dal suolo per poi concentrarli nelle parti mietibili (fusto e foglie). Le piante in questione, se opportunamente trattate con sostanze dette chelanti, che servono a rendere estraibili i metalli inquinanti, funzionano come pompe che operano a energia solare, in grado di assorbire dall'acqua e dal terreno non solo i sali minerali necessari per la propria sussistenza, ma anche elementi tossici minerali e/o organici".
 
Espletata la loro funzione, le piante vengono raccolte e incenerite a bassa temperatura, in modo da evitare la reimmissione degli agenti inquinanti nell'atmosfera e da restituire all'uomo, e alle sue attività, suoli prima perduti.

Ma i benefici non si limitano a questo. "La biomassa ottenuta", prosegue Gambale, "può essere utilizzata per generare gas da impiegare per la produzione di energia e i residui minerali possono essere riciclati o inglobati, per esempio, in matrici cementizie. Le ceneri possono infine essere smaltite in discariche attrezzate a costi di gran lunga inferiori rispetto a quelli necessari per lo smaltimento del suolo, in considerazione del minor volume del materiale contaminato".

Alcuni anni fa, nel comune di Arcola, in provincia di La Spezia, su un terreno contaminato da piombo adiacente a uno stabilimento industriale, è stata effettuata una prima sperimentazione di bonifica con la tecnica della fitodecontaminazione. L'esperimento faceva parte del progetto ‘PhyLeS', coordinato dal Cnr. I risultati ottenuti sono stati incoraggianti, mostrando l'efficacia del sistema, che può essere utilizzato anche in presenza di altri inquinamento da piombo, quanto di elementi come il cadmio.

"Con alcuni accorgimenti derivati dai risultati della sperimentazione - conclude Gambale - riteniamo sia possibile un miglioramento della metodica che potrebbe consentire di ridurre il tempo di decontaminazione a circa 20 anni. Un risultato apprezzabile se si considera che gli approcci chimico-fisici tradizionali sono certamente più veloci, ma costosi e per nulla ecosostenibili".

Scritto da: Emanuele Grimaldi
Fonte: cnr

domenica 21 novembre 2010

Piante: recenti studi sembrano confermare che i network Wi-Fi sono dannosi per le piante.

E' quanto afferma uno studio congiunto di un gruppo di università.

Le radiazioni emesse dai network Wi-Fi influirebbero negativamente sulle piante, causando variazioni significative nella loro crescita e determinando fessure nella corteccia.

Lo riferisce uno studio guidato da una università olandese e commissionato dalla città di Alphen aan den Rijn 5 anni fa, dopo che ricercatori avevano scoperto alcune anormalità, in un parco, che non potevano essere ascritte a infezioni batteriche o a infestazione da parte di parassiti.

L'azione combinata dei campi elettromagnetici creati dai network telefonici e dalle LAN wireless contribuirebbero ad aumentare, in maniera significativa, l'azione delle particelle ultra fini prodotte dai veicoli sulla superficie dei vegetali, particelle così sottili da riuscire a penetrare all'interno delle cellule più semplici delle piante stesse.

Lo studio prevedeva l'esposizione di 20 piante di frassino a un forte campo di radiazioni di vario tipo per un periodo di 3 mesi. Il risultato è risultato un accartocciamento e una morte prematura delle foglie e lesioni sulla corteccia degli alberi stessi. A livello di risultati finali è apparso che le foglie stesse avevano un periodo di vita media di circa il 15% inferiore rispetto al normale.

Un'altra forma di sperimentazione ha dimostrato che le radiazioni prodotte dai ripetitori di telefonia mobile determinano un rallentamento della crescita delle piante di granturco.
Il direttore della ricerca ha auspicato che ulteriori studi siano avviati in questo senso per confermare gli effetti a lungo termine delle radiazioni in questo campo.

Fonte: http://www.techup.it/news/i_network_wifi_dannosi_per_le_piante-04154

giovedì 16 settembre 2010

Detrazioni casa, ancora tre mesi di tempo, ma cosa bisogna fare?

Il 31 dicembre scade il termine ultimo per la detrazione del 55% sulle spese di riqualificazione. Meglio affrettarsi!
Nell'attesa di capire se dal Governo l’age­volazione verrà rinnovata anche per il prossimo anno, è importante ricordare che ci sono ancora poco più di tre mesi di tempo per usufruire della detrazione fiscale del 55% sulle spese sostenute per la riqualificazione ecologica degli immobili da ristrutturare. In assenza di nuove proroghe (che potrebbero essere inserite nella Finanziaria 2011), il prov­vedimento scadrà il prossimo 31 dicembre: è dunque necessario affrettarsi per completare i lavori di ristrutturazione e di adeguamento ai nuovi standard ambientali e presentare tutta la documentazione necessaria per accedere all’agevolazione.

Una proroga necessaria
E' importante che il provvedimento venga rinnovato anche per il prossimo anno poiché, oltre ai vantaggi della detrazione fiscale per i cittadini, ristrutturare un’abitazione seguendo le indicazioni di soste­nibilità ambientale:

- comporta sensibili risparmi in bolletta per gli utenti. Oltre al beneficio diretto dello sconto fi­scale c’è anche quello indiretto dei minori costi per riscaldare (o raffreddare) la casa;

- può arrivare a dimezzare la quantità di ani­dride carbonica emessa dalle abitazioni, con­tribuendo in maniera evidente alla salvaguardia dell’ambiente (l’Italia è il Paese europeo con il maggior coefficiente di inquinamento in ter­mini di Co2 emessa in atmosfera tramite i fumi prodotti dalle abitazioni);

- riduce il ricorso al lavoro nero e al sommerso grazie all’obbligo di trasparenza nei pagamenti e nella fatturazione, contribuendo a ridurre l’evasione fiscale e a incentivare l’occupazione regolare nel settore edilizio.





Anche lo Stato ci guadagna!
Il provvedimento rappresenta un buon inve­stimento anche per le stesse casse dello Stato, il quale recupera la riduzione degli introiti fiscali della detrazione grazie all’aumento del gettito Iva delle aziende edili impegnate nelle ristrutturazioni. Infatti, il settore delle costru­zioni, nei soli primi due anni della campagna, ha beneficiato del provvedimento registrando un aumento della domanda di ristrutturazioni e riqualificazioni per un valore economico com­plessivo di circa 5 miliardi di euro.

Gli interventi detraibili
Lo Stato concede detrazioni fiscali (attraverso una riduzione dell’imponibile netto da inserire nella dichiarazione dei redditi) per una serie di interventi di ristrutturazione edilizia che aumentino il livello di efficienza energetica degli edifici esistenti e che riguardino le spese sostenute per le seguenti quattro tipologie di intervento:

- riduzione del fabbisogno energetico per il ri­scaldamento, il raffreddamento, la ventilazione e l’illuminazione;

- miglioramento termico dell’edificio (so­stituzione di finestre, comprensive di infissi,coibentazioni, posa di nuovi pavimenti);

- installazione di pannelli solari per il riscalda­mento dell’acqua;

- sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale (riscaldamento).

L’agevolazione fiscale consiste nel riconosci­mento di una detrazione d’imposta pari al 55% delle spese sostenute, da ripartire in cinque rate a scadenza annuale di pari importo, entro un limite massimo di detrazione che varia in base al tipo di interventi di ristrutturazione effettuati sull’immobile.

I requisiti indispensabili
La condizione fondamentale per usufru­ire dell’agevolazione è che gli interventi siano eseguiti su abitazioni già esistenti (la detrazione non si applica cioè a eventuali lavori sul nuovo).Inoltre, tranne nel caso della posa dei pannelli solari, l’abitazione oggetto dei lavori deve essere riscaldata. Per dimostrare l’esistenza dell’edificio, occorre l’iscrizione al Catasto o la ricevuta del pagamen­to dell’Ici. Ciò significa che non sono detraibili le spese sostenute durante la costruzione dell’im­mobile, anche se finalizzate alla realizzazione di un’abitazione a elevata efficienza energetica. Per quanto riguarda le caratteristiche che defi­niscono un “immobile riscaldato”, per l’Agenzia delle entrate questa prescrizione è soddisfatta se nell’abitazione sono presenti apparecchi fissi (come stufe e caminetti) capaci di erogare una potenza non inferiore ai 15 kW. In caso invece di lavori di riqualificazione effet­tuati su edifici demoliti, la ricostruzione dovrà essere il più possibili “fedele” all’originale, tanto che se l’immobile viene ampliato la detrazione non può essere riconosciuta.

A chi spetta la detrazione
Sebbene il limite di spesa su cui calcolare la de­trazione si riferisce alla singola unità immobi­liare, è possibile suddividere l’importo della de­trazione anche fra più soggetti, dividendola in base alle rispettive quote di sostenimento della spesa. Possono usufruire della detrazione tutti i contribuenti che possiedono, a qualsiasi titolo, l’immobile su cui si intende operare la ristrut­turazione. In particolare, possono richiedere la detrazione oltre che i proprietari e gli usufrut­tuari, anche i condomini (per gli interventi sulle parti comuni del condominio), gli inquilini e i comodatari.

Sono inoltre ammessi alla detrazione anche i familiari conviventi (il coniuge, i parenti entro il terzo grado e gli affini entro il secondo grado) che contribuiscono alle spese per la realizzazio­ne dei lavori, a condizione tuttavia che la convi­venza sia in atto dall’inizio dei lavori di riquali­ficazione. Facciamo un esempio: se la moglie è proprietaria della casa o dell’appartamento su cui vengono eseguiti i lavori e se le spese ven­gono sostenute dal coniuge perché lei non ha reddito per poter sfruttare la detrazione, sarà il marito a poter usufruire dell’agevolazione.




Gli interventi ammessi
Le spese per le quali è possibile usufruire della detrazione comprendono, oltre ai costi per i la­vori edili legati all’intervento, anche quelli per le prestazioni professionali necessarie sia per la realizzazione degli interventi agevolati sia per acquisire la certificazione energetica richiesta per accedere al beneficio. In generale, si può quindi dire che sono detraibili tutte quelle spese necessarie al lavoro di ristrut­turazione: l’importante è che sia un tecnico abilitato a individuare le spese strettamente connesse alla riqualificazione.

La riqualificazione energetica
Per interventi di riqualificazione energetica si intendono tutti quei lavori che incidono, miglio­randola, sulla prestazione energetica dell’edifi­cio. Motivo per cui la condizione imprescindibi­le per ottenere la detrazione è che gli interventi debbano interessare l’intero edificio e non solo una singola parte. Ricordate però che l’acquisto dei pannelli foto­voltaici (cioè i pannelli solari per la produzione di energia elettrica e non di acqua calda) non è soggetto alla detrazione fiscale, poiché rientra già nel programma di incentivazione del cosid­detto Conto Energia.

Il miglioramento termico
Concerne gli interventi su coperture, pavimenti, pareti e finestre (comprensive di infissi). Nel caso di sostituzione degli infissi, sono considerate detrai­bili anche le strutture accessorie che hanno effetto sulla dispersione del calore, come tapparelle, ante e persiane. A determinate condizioni, possono inoltre beneficiare del provvedimento anche le sostituzioni di porte e portoni d’ingresso. Per gli infissi, la procedura è stata semplificata: infatti basta presentare la scheda informativa degli interventi realizzati (il cosiddetto “allegato F”) compilabile e scaricabile direttamente dal sito dell’Enea (www.enea.it), l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economi­co sostenibile.

I pannelli solari
L’intervento agevolabile riguarda quello che prevede l’installazione di pannelli solari per la produzione di acqua calda destinata all’uso do­mestico. È da ricordare che, a partire dal 2008, non è più necessario per questo tipo di lavori presentare l’attestato di certificazione ener­getica. Inoltre, nell’ipotesi di autocostruzione dei pannelli, è sufficiente l’attestato di parte­cipazione a un apposito corso di formazione in sostituzione dell’asseverazione. Sono detraibili anche le spese per la fornitura e la posa in opera delle apparecchiatu­re, nonché i lavori idraulici ed edili necessari per la realizzazione dell’impianto.

Climatizzazione invernale
Si tratta della sostituzione - integrale o parzia­le - degli impianti di climatizzazione invernale esistenti con impianti dotati di caldaie a con­densazione e della contemporanea messa a punto del sistema di distribuzione dell’acqua all’interno dell’abitazione. In questo caso, per usufruire della detrazione fiscale è necessario sostituire completamente l’impianto preesi­stente e installare la nuova caldaia: non sono quindi detraibili le spese per l’installazione di sistemi di climatizzazione invernale in edifici che ne erano sprovvisti. Dal 2008, l’agevolazione è stata ampliata anche alla sostituzione di impianti di riscaldamento con pompe di calore ad alta efficienza e impianti geotermici. Inoltre, per la sostituzione degli im­pianti di climatizzazione non è più necessario presentare il certificato di qualificazione ener­getica previsto per gli altri interventi.

Fonte: Altroconsumo.it

giovedì 22 luglio 2010

Serre fotovoltaiche: partono in Sardegna i primi progetti per coltivare senza impatto ambientale.

Prima in Italia, la Sardegna nell'arco di tre anni istallerà 500 MW fotovoltaici derivanti dalla realizzazione di dieci impianti in serra. Si potrà quindi produrre contemporaneamente energia da fonte rinnovabile e prodotti ortofrutticoli o florovivaistici sotto un tetto di moduli solari.

Settecento ettari di serre dove potranno lavorare migliaia di persone. "Si tratta di una rivoluzione per il futuro dell’agricoltura sarda, ma anche per l’ambiente e l’occupazione. Ora tocca al turismo: l’agricoltura multifunzionale dovrà andare sempre più a braccetto anche con il settore dell’ospitalità", ha dichiarato Andrea Prato, l’assessore regionale all’Agricoltura.
 
Impatto ambientale ed emissioni pari a zero saranno possibili anche grazie allo sfruttamento del “decreto salva-Alcoa” che consentirà di mantenere stabile il prezzo al consumo dell’energia permettendo di usufruire del medesimo incentivo sul Conto Energia.

Il progetto fotovoltaico in serra, una volta realizzato, andrà a fornire 750 milioni di kilowattora pari al fabbisogno di 200mila famiglie, la metà degli abitanti della Sardegna, e raggiungendo quelli che attualmente sono gli standard attribuiti alle regioni del nord Italia che sfruttano l’idroelettrico ma con un impatto ambientale neanche lentamente comparabile.

Grazie al fotovoltaico sardo sarà evitato il consumo di 181 tonnellate di petrolio (TEP) e la produzione di emissioni di CO2 pari a 543 tonnellate.

Fonte: http://www.repubblica.it/

lunedì 7 giugno 2010

SOS salviamo i coralli, sperimentata una nuova tecnica, una sorta di giardinaggio marino, basta trapiantare rametti di corallo rotti sulle barriere coralline e presto si riprodurranno.

Le barriere coralline del mondo sono a richio estinzione, cominceranno a disintegrarsi entro la fine del secolo, come conseguenza dell'aumento di anidride carbonica che rende gli oceani più acidi. L'allarme è stato lanciato dagli scienziati che hanno identificato il 'punto di non ritorno' dell'ecosistema dei coralli, ovvero il momento in cui la capacità delle barriere di rigenerarsi verrà sorpassata dalla velocità con cui si disgregano.

Tra i numerosi rimedi che sono stati ipotizzati o messi in campo per la salvaguardia delle barriere è stata prospettata una soluzione semplice ed economica per tenerle in vita rigogliose. Si tratta di una sorta di giardinaggio marino: basta trapiantare rametti di corallo rotti sulle barriere coralline e questi nel giro di qualche anno formeranno nuovi grandi coralli adulti, del tutto reintegrati nella barriera.

Questa tecnica è stata testata con successo al largo delle Isole Vergini britanniche le cui barriere coralline sono messe a dura prova dalle tempeste. Non serve essere un giardiniere esperto per sapere che piantando un rametto rotto ne può nascere una nuova pianta grande e rigogliosa: il rametto (o talea) interrato emette radici e genera un nuovo individuo.
Gli esperti hanno provato a fare lo stesso con pezzi di corallo: hanno 'piantato' rametti di corallo danneggiati, scoprendo nel giro di pochi mesi molte di queste microcolonie 'attecchiscono' a perfezione e in alcuni anni riescono a formare nuovi grandi banchi corallini.

Le barriere coralline attualmente sono condannate a scomparire quasi totalmente, considerando che la loro salute è legata alla crescita delle temperature e all'acidificazione degli oceani, oltre che allo sviluppo delle coste, all'eccessivo sfruttamento delle risorse ittiche e all'inquinamento.
Dal 1950 è già scomparso il 20% delle barriere coralline, un altro 20% è a rischio di collasso, mentre il 58% è minacciato dalle attività umane (di cui l'80% nel Sudest asiatico).

Fonte: ANSA

venerdì 7 maggio 2010

Dal girasole, lubrificanti ad uso agricolo. In Umbria Novamont Spa, Coldiretti e il Parco Tecnologico 3A avviano la prima filiera agroindustriale

Promuovere lo sviluppo in Umbria di una filiera innovativa ed integrata a basso impatto per la coltivazione del girasole ad alto contenuto di oleico per la produzione di lubrificanti ad uso agricolo: è questo l’obiettivo del progetto che è stato accolto dalla Regione Umbria nell’ambito del Psr Umbria 2007-2013, Asse 1, Misura 124. Un bando estremamente innovativo che posiziona l’Umbria ai vertici della ricerca europea nel campo delle filiere agroindustriali per lo sviluppo di nuovi materiali e prodotti contenenti fonti rinnovabili.

L’aspetto più innovativo del progetto, che ha come capofila 3A Parco Tecnologico agroalimentare dell’Umbria ed è costituito da Novamont Spa, la Cooperativa Oro Verde afferente a Coldiretti e Sincro srl, è la stretta collaborazione tra mondo industriale ed agricolo per lo sviluppo del territorio a beneficio di tutte le parti coinvolte. L’integrazione quindi tra chimica sostenibile ed agricoltura moderna quale modello di sviluppo basato sul progresso territoriale e non sulla ricerca dei prezzi globali più vantaggiosi.

La scelta di utilizzare il girasole è da ricondursi al fatto che può essere coltivato sia in terreni pesanti che sabbiosi, il cui limite è rappresentato dalla disponibilità idrica. In Umbria gli ettari coltivati a girasole sono circa 40 mila con rese medie ad ettaro 24,5 q/ha ed una produzione totale 100 mila quintali. Questi dati rendono il girasole la coltura oleaginosa più importante per la regione, mentre le nuove varietà di girasole ad alto contenuto di oleico consentano maggiori rese e la convivenza di varietà tradizionali senza perdite di resa.

La produzione avverrà secondo standard a basso impatto ambientale e saranno condotte prove a basso impatto al fine di razionalizzare gli input (fertilizzazioni, rotazioni, uso di prodotti fitosanitari). L’obiettivo è supportare, attraverso analisi Lca del prodotto, l’agricoltore ad una gestione integrata della produzione, valorizzando sia la produzione agricola che il prodotto finale (lubrificanti), riducendone gli input.

Attualmente circa il 50% dei lubrificanti venduti e usati nel mondo sono dispersi nell'ambiente. Costituiti da un composto base di origine fossile (derivato dal petrolio) e da un pacchetto di additivi, sono una possibile minaccia per l’ambiente per l’alta percentuale di oli minerali (più del 95%), di tossicità e bassa biodegradabilità. I lubrificanti ed i liquidi idraulici a base di oli vegetali sono invece biodegradabili e presentano una bassa tossicità. Per lo sviluppo di lubrificanti a base vegetale in Umbria è prevista la realizzazione di un impianto prototipo ad hoc di distillazione.

Fonte: Novamont Spa

Link correlati:
- Coltivare il girasole
- Semi di girasole in mix
- I migliori libri sul giardinaggio

sabato 1 maggio 2010

Il ruolo delle piante nel riscaldamento globale. Le piante restano un mezzo efficace per combattere il riscaldamento globale

Nonostante emettano in piccole quantità un gas ad effetto serra le piante restano un mezzo efficace per combattere il riscaldamento globale. E’ quanto sostiene un recente studio condotto da un’équipe di ricercatori dell’Università di Edimburgo e coordinato dal dottor Andy McLeod.

La ricerca ha calcolato che le piante emettano meno dell’1% delle emissioni totati di metano sulla Terra. Quindi, anche se il metano è considerato circa 25 volte più potente dell’anidride carbonica nell’impatto sul riscaldamento globale, la vegetazione non ne produrrebbe poi così tanto da incidere significativamente sull’aumento delle temperature e su quanto sta avvenendo relativamente ai cambiamenti climatici.

I risultati di questo studio sono in netto contrasto con una precedente ricerca scientifica che aveva ipotizzato che le piante erano responsabili della produzione di grandi quantità di gas serra.

I nuovi dati forniti dall’Università di Edimburgo confermano al contrario che gli alberi sono un modo utile per compensare le emissioni di gas a effetto serra, in quanto la loro produzione di piccole quantità di metano è di gran lunga superata e compensata dalla loro capacità di immagazzinare il carbonio dall’atmosfera nelle foglie, nel legno e nella corteccia.

Per arrivare a queste conclusioni, gli scienziati hanno creato delle foglie artificiali utilizzando la pectina contenuta naturalmente nelle piante e hanno poi misurato il metano prodotto quando le foglie venivano esposte alla luce solare.

Hanno poi unito i loro risultati con i dati satellitari sulla copertura vegetale della superficie terrestre, l’ozono nell’atmosfera, la copertura nuvolosa, la temperatura, e le informazioni sul ruolo delle emissioni solari nell’incremento del metano prodotto da tutte le piante presenti sulla Terra.

I loro risultati confutano precedenti studi che avevano indicato che la quantità di metano prodotta dalle piante avrebbe potuto essere molto più alta. La ricerca futura prenderà in esame la produzione di metano da parti di piante diverse dalle foglie, e la quantità di metano emessa da diverse specie di piante in diverse regioni della Terra.

Fonte: http://www.ecologiae.com/

giovedì 11 marzo 2010

Benzina dalle alghe, allo studio microrganismi modificati in grado di produrre energia

Il motore a scoppio si sa funziona con qualsiasi sostanza che, una volta vaporizzata, sia in grado di generare una esplosione che dia la spinta per possa muovere un cilindro.

I propellenti al momento più utilizzati sono: la benzina, il diesel e il gas liquido, ma nessuno vieta di impiegare anche alcool prodotto dalla fermentazione di sostanze vegetali. In Brasile, per esempio, buona parte degli automezzi da tempo viaggiano ad alcool, prodotto dalla fermentazione di cereali e canna da zucchero con notevoli vantaggi sia per i fumi di scarico che sono meno inquinanti rispetto ai tradizionali idrocarburi, che contengono sostanze nocive per la salute.

Di conseguenza, la ricerca si sta orientando verso l’individuazione di piante in grado di essere utilizzate per la produzione di carburanti e che non comportino elevati rischi per la salute.
Tra le linee di studio attualmente nei laboratori spicca l’ingegneria genetica e in particolare  quelle basate sulla fermentazione alcolica provocata da microrganismi unicellulari.

Tali microrganismi, di diversa natura (batteri, funghi, anche alghe), agiscono con diversi meccanismi e producono diverse sostanze. Di molti di questi microrganismi si sta effettuando la mappatura del genoma: l’obiettivo è intervenire in modo da modificarli rendendo il processo più efficiente e, soprattutto, attuabile anche con materiali non costosi, facilmente reperibili e non utilizzabili per altri motivi. Per esempio, i residui delle lavorazioni industriali degli alimenti, piante spontanee infestanti, oppure piante specificatamente coltivate ma anch’esse modificate nel loro genoma per essere adatte allo scopo. Si pensa anche a colture di alghe microscopiche in vasche apposite.

Un'altro grande sogno degli scienziati è riprodurre artificialmente la fotosintesi clorofilliana dove le cellule verdi delle piante, sotto l’azione della luce, assorbono anidride carbonica e producono energia chimica e glucosio. Quando gli scienziati ne scopriranno il meccanismo e saranno riusciti a riprodurlo artificialmente ne avremo un gran numero di vantaggi, avremo una fonte energetica a basso costo e non inquinante.
 
Fonte: http://www3.lastampa.it/ambiente

domenica 7 febbraio 2010

attenzione ai pollini invernali, si sviluppano nei periodi freddi, da febbraio a metà marzo.

Nonostante siamo abituati a immaginare le allergie come patologie legate alla polvere di casa e soprattutto a quelle della primavera, ai pollini di graminacee, di olivo, di paritaria, facilmente individuabili proprio per la stagionalità tipica (aprile-giugno),  da qualche tempo vi sono altri insidiosi allergeni che si sviluppano nei periodi freddi e soprattutto da metà febbraio a fine marzo.

Stiamo parlando  dei pollini delle cupressacee, una grande famiglia della specie delle conifere a cui fanno parte:  il cipresso comune, la thuia e altre nuove specie importate da alcuni anni in Italia quali il cedro e il cedro giapponese.

Segue la famiglia dei ginepri che comprende diversi tipi di alberi con pollini simili dal punto di vista allergenico. Tutte queste piante si riconoscono per le tipiche foglie accartocciate come quelle del cipresso e per la formazione di bacche.

Questa famiglia di piante e' in grado di emettere migliaia di pollini al giorno e sono necessari quaranta o cinquanta pollini per metro cubo per scatenare, nei soggetti sensibili, l'allergia.

Il fenomeno allergico negli ultimi tempi e' in forte aumento. Il motivo e' dato dal fatto che molte delle suddette piante hanno trovato facile adattabilita' nelle nostre citta',  molte di esse cosiddette "esotiche", e quindi importate, vengono usate per l'abbellimento dei giardini e dei parchi, ma principalmente come siepi e soprattutto bordature.

I sintomi purtroppo spesso si confondono con quelli delle comuni virosi (raffreddori) facili in questo periodo: bruciore degli occhi, prurito del naso, rinorrea, starnuti, tosse, e qualche volta «respiro sibilante». Ma il normale raffreddore dura pochi giorni, l'allergia si prolunga e spesso è accompagnata da una classica iperemia del volto (arrossamento e bruciore). In questi casi è consigliabile praticare le prove allergologiche cutanee presso uno specialista.


La cura farmacologica ben condotta può facilmente dominare i sintomi. Raramente si sviluppa l'asma. Qualora fosse necessario, sempre su consiglio dello specialista, si può oggi praticare con sicurezza il vaccino per via infettiva e per via sublinguale.


Fonte: www.ilgiornale.it/

mercoledì 20 maggio 2009

Puzza di truffa!! La nuova legge europea sul biologico consente una contaminazione fino allo 0,9% di OGM!

La nuova legge europea sul biologico, entrata in vigore all’inizio del 2009, prevede che un alimento possa ancora chiamarsi biologico ed essere considerato e venduto come tale, pur in presenza di una contaminazione fino allo 0,9% di OGM (organismi geneticamente modificati).
Gli agricoltori biologici non sono affatto d’accordo su questo aspetto, che viene loro imposto. Una delle prerogative principali e una delle regole essenziali del biologico è che sia esente da OGM, in ogni fase di creazione di un alimento, dalla semina al prodotto finito. Tale prerogativa il mondo del biologico vuole conservare intatta, tramite le sue associazioni, e perciò, indipendentemente da cosa dice la legge, considera non biologico un alimento contaminato OGM.

Un alimento biologico inquinato con OGM è un puro non senso che può nascere solo in menti a loro volta “manipolate”, come lo sono gli organismi che vogliono promuovere.

E contrari agli OGM non sono solo i coltivatori e consumatori di alimenti biologici, ma anche la gran maggioranza di tutti i consumatori, anche quelli di alimenti convenzionali, così come quasi tutto il variegato mondo agricolo italiano, il quale vuole proteggere la qualità e il valore degli alimenti made in Italy, che sono di assoluta eccellenza mondiale, contraddistinti anche da svariati marchi di qualità.

UN MECCANISMO DIABOLICO
I ricercatori delle multinazionali degli OGM “sparano” dentro alle cellule di una pianta alcune sequenze di DNA prese da un altro tipo di organismo (per esempio da un batterio). La pianta sarà così modificata geneticamente perché costretta ad ospitare sequenze di DNA ad essa estranee.

Una volta che queste sequenze sono entrate la pianta rimane modificata per sempre.
Questa modifica viene brevettata. Supponiamo che, per esempio, alcune varietà di mais molto valide e produttive vengano modificate geneticamente e brevettate (e lo stesso gioco si può fare con qualsiasi tipo di pianta). Con il diffondersi della pianta modificata e con la contaminazione della impollinazione, attraverso vento o insetti, nel giro di alcuni decenni le piante non modificate non esisterebbero più e piante prima naturali, a disposizione di tutti, diverrebbero di esclusiva proprietà di poche multinazionali.

Abbiamo già sperimentato il caso del grano duro Creso, che è stato prodotto in Italia per lungo tempo e viene ancora prodotto. Era stato ottenuto per mutazione da raggi gamma prodotti da scorie nucleari.

Ora, dopo 4 decenni di produzione e commercio, si ha il forte sospetto che rappresenti una delle cause principali del grande aumento dei casi di celiachia. L’organismo umano tende ad essere intollerante nel lungo termine a ciò che viene manipolato artificiosamente! Per fortuna!
Che garanzie abbiamo che gli OGM non scatenino, nel lungo termine, allergie, tossicità, forme incontrollabili di tumori e quant’altro?

Leggi tutto l'articolo in: ilponente.com



giovedì 14 maggio 2009

Coca cola sta progettando la sua bottiglia ecologica fatta in parte dalle piante


Coca-Cola ha annunciato oggi di stare sviluppando una nuova bottiglia in plastica fatta con materiali derivanti in parte dalle piante, canne da zucchero e melassa, entrando nella competizione per creare la confezione più "rispettosa dell'ambiente".
Coca Cola testerà la nuova bottiglia nel corso di quest'anno in nord America
Fino al 30% della nuova "plantbottle" sarà costituito da materiale derivato da canne da zucchero e melassa, un sottoprodotto della produzione dello zucchero, spiega Coca Cola.
Le bottiglie di plastica sono fatte con una sostanza non rinnovabile derivante dal petrolio.
Molti grandi produttori di cibo e bibite stanno cercando di ridurre le loro confezioni e di renderle più ecologiche.
Anche Pepsi, azienda produttrice di bibite rivale di Coca Cola, e Nestle stanno introducendo bottiglie più leggere che usano minori quantità di plastica.
Fonte: Reuters

venerdì 1 maggio 2009

Sicurezza alimentare, tolleranza zero, a tutti i prodotti l'etichetta d'origine


La Cia sostiene la 'tolleranza zero' contro i contraffattori degli alimenti.
'Tolleranza zero' per chi sofistica ed inquina gli alimenti, attentando alla salute pubblica; rendere sempre più rigorosi i controlli; estendere a tutti i prodotti agroalimentari l’indicazione d’origine in etichetta; una dura lotta alle falsificazioni.

E’ quanto ribadito oggi dalla Cia (Confederazione italiana agricoltori ) nel commentare in modo positivo l’operazione congiunta condotta in provincia di Salerno dall'Ispettorato Controllo Qualità, il Corpo Forestale dello Stato e la Asl competente che ha portato al maxi-sequestro di prodotti alimentari scaduti, mal conservati e in situazioni igieniche molto precarie. Occorrono, avverte la Cia, misure drastiche per contrastare l’adulterazione e la truffa nell’alimentazione.

E’ necessaria la massima fermezza contro chi, attraverso azioni criminali, fraudolenti e illegali, mette a repentaglio la salute dei cittadini e provoca gravi danni alla stessa credibilità del settore agroalimentare italiano.

D’altra parte, la stragrande maggioranza degli italiani (nove su dieci) vuole massima sicurezza alimentare e chiede misure efficaci per reprimere sofisticazioni e adulterazioni dei prodotti; mentre sette su dieci sono favorevoli un’etichetta 'trasparente' che permetta di riconoscere la provenienza del prodotto.
Non solo. Oltre il 65% dei nostri connazionali guarda alla qualità. La sicurezza è, quindi, al primo posto nelle scelte alimentari degli italiani.
Una tendenza, avverte la Cia, che è stata rafforzata anche dagli ultimi scandali alimentari e dalle vicende che hanno riguardato i sequestri di prodotti 'pericolosi' per la salute.

Fonte: Cia - Confederazione italiana agricoltori

venerdì 24 aprile 2009

Clima: l'aria inquinata "aiuta" le piante ad assorbire piu' CO2


Sembra che l'inquinameto dell'aria ha un effetto positivo per la lotta ai cambiamenti climatici perche' accresce il livello di assorbimento di anidride carbonica da parte delle piante.
In una recente ricerca, un gruppo di studiosi di Zurigo, del Met Office Hadley Centre britannico e dell'Universita' di Exeter ha osservato che, contrariamente a quanto si crede, le piante sono piu' brave ad assorbire CO2 in condizioni di nebbia e inquinamento piuttosto che sotto un cielo terso.

Questo fenomeno riguarda l'aerosol, le particelle inquinanti disperse nell'atmosfera, il quale frastaglia la luce solare che cosi' non arriva piu' diretta dall'alto ma si disperde su un maggior numero di foglie e favorisce quindi una piu' diffusa fotosintesi clorofilliana, il processo dell'assorbimento di C02.
Il risultato e' che nella lotta per la riduzione delle emissioni di gas serra si dovra' tenere conto anche del fatto che con un'aria piu' pulita le piante assorbiranno meno anidride carbonica. La ricerca porta un argomento a favore della geo-ingegneria, che propone di frenare i raggi solari con satelliti che usano specchi o particelle di luce riflettenti.
Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...