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venerdì 25 maggio 2012

Scoperta una proteina delle piante che promuove la fioritura legata alla luce caratteristica della primavera.







Scoperta una proteina delle piante che promuove la fioritura legata alla luce caratteristica della primavera.
La scoperta, da parte degli scienziati della Universita' di Washington, e' stata pubblicata su 'Science'.


Era ben risaputo che, per far partire la fioritura, un particolare fattore di trascrizione noto come CO dovesse attivare il gene FT. Il CO si accumula nelle cellule delle piante durante l'inverno e, dato che la luce del giorno e' maggiore in estate, si accumula nelle cellule abbastanza CO da far scattare il gene FT della fioritura.


Ora pero', i ricercatori hanno individuato anche un'altra proteina, la FKF1, che rimuove i repressori e stabilizza il CO attraverso la luce blu, che e' abbondantemente presente nella luce del sole man mano che ci inoltra in primavera. Inoltre, la FKF1 contribuisce ad attivare il gene legato alla CO, in questo modo dando il via alla fioritura.


Fonte: AGI


Le piante diventano piu' produttive in assenza di pigmenti anti-fotosintesi








Permettere alle piante di produrre piu' frutti, riducendo i livelli di pigmenti che non contribuiscono alla fotosintesi. 
E' la conclusione di una ricerca della "olandese" Wageningen University che ha dimostrato come sia possibile sollecitare un maggiore sviluppo delle piante riducendo il livello dei pigmenti che non rendono alcun contributo al processo della fotosintesi. 




Gli scienziati hanno scoperto che i pigmenti delle foglie non direttamente coinvolti nel processo naturale, dissipano la luce, assorbendola senza sfruttarla. Uno spreco che potrebbe essere evitato, intervenendo sui pigmenti poco funzionali che sprecano gli effetti derivanti dall'attivita' della luce.


La scoperta e' importante per ridurre al minimo il consumo energetico delle illuminazioni nelle serre orticole e potrebbe portare alla creazione di strategie e impianti che riducano la quantita' di questi pigmenti "anti-fotosintesi". La ricerca e' stata pubblicata su Plant Cell.


Fonte: AGI




giovedì 29 settembre 2011

Biologico: tradizione e prospettive dell'ortofrutta


Speciale Macfrut 2011 - Il Consorzio Il Biologico e Ccpb si confronteranno con gli altri operatori della filiera a Cesena


Appuntamento col biologico a Macfrut (Cesena 5/7 ottobre 2011), dove saranno presenti il Consorzio Il Biologico e Ccpb, Consorzio per il controllo dei prodotti biologici.


"Dalla metà degli anni '90 - spiega Lino Nori, Consorzio il Biologico - questa fiera dell'ortofrutta è stata un punto di incontro per confrontarsi sul nascente mercato del biologico, che cominciava a estendersi dalla nicchia a una distribuzione più ampia.


Essendo una vetrina internazionale, per noi rappresenta un punto di confronto che unisce gli operatori italiani ma ha anche la funzione di ragionare sulle prospettive del biologico. Con noi sarà presente un tecnico, che i soci potranno incontrare presso lo spazio del Consorzio".


Il mercato ortofrutticolo rappresenta una delle voci principali dell'economia mondiale.
Negli ultimi cinque anni, grazie all'apertura dei nuovi mercati internazionali di Cina e India, ha avuto un un forte sviluppo e per l'Italia è da sempre un settore trainante. Nel 2010, con 6 miliardi di euro, l'ortofrutta è stato il ramo principale dell'export italiano.



Dopo un'estate di profonda crisi che ha colpito tutti i settori dell'economia, quello ortofrutticolo compreso, gli operatori del biologico si ritroveranno assieme a tutti gli attori della filiera alla 28esima edizione di Macfrut per ripensare alla strada futura del mercato in base al nuovo assetto dei consumi mondiali in un momento così impegnativo e denso di interrogativi.


Fonte: Ccpb (Consorzio per il Controllo dei Prodotti Biologici)

lunedì 31 gennaio 2011

L’Orto Botanico di Palermo un enorme museo all’aperto!


L'Orto Botanico di Palermo è una delle più importanti istituzioni accademiche italiane e rappresenta, certamente, quella che meglio di altre coniuga realtà scientifica e territorio.

Considerato come un enorme museo all’aperto, al suo interno sono conservati reperti vivi, bisognosi di cure costanti e appropriate. La peculiarità di questo Orto è rappresentata dalla grande ricchezza di specie ospitate e dalla monumentalità di alcune di esse.

Le favorevoli condizioni climatiche di Palermo ne fanno un luogo di delizie ricco di espressioni di flore diverse. Molto cospicua è, infatti, la componente vegetale mediterranea, tropicale e subtropicale alla quale, però, si sono uniti altri numerosissimi elementi di flore esotiche.
L'orto botanico è una istituzione dell’Università degli Studi di Palermo che risale al 1789 e rappresenta il nucleo storico attorno al quale la Botanica accademica si è sviluppata a partire dal 1795, data in cui esso fu solennemente inaugurato.

La sua attuale estensione, circa 10 ettari, fu raggiunta soltanto nel 1906 in seguito a diversi, successivi, ampliamenti. Adornato da numerose statue e bassorilievi, confinante con la storica Villa Giulia, l’Orto botanico di Palermo vanta un’attività di oltre duecento anni che ha consentito lo studio e la diffusione, in Sicilia, in Europa e in tutto il Bacino mediterraneo, di innumerevoli specie vegetali molte originarie delle regioni tropicali e subtropicali.

Sebbene quasi tutte le piante che vivono all'aperto nell'Orto possono essere facilmente coltivate nella Conca d'Oro, è certamente straordinario che esse qui riescano a raggiungere sviluppo e dimensioni uguali o quasi a quelle che raggiungono nel loro ambiente naturale.

Le collezioni scientifiche hanno una consistenza, stimata in difetto, di circa 12 mila specie, disposte secondo criteri sistematici (il sistema sessuale di Linneo e filogenetico di Engler) o secondo criteri bio-ecologici (l’Aquarium) e geografici. Di rilievo le collezioni di succulente, palme e cicadee. Non mancano esempi rappresentativi della flora regionale.

Fonte: Grandi Giardini Italiani

venerdì 17 dicembre 2010

Celiachia: Tre linee di ricerca al via nel Biopark, Sviluppare un enzima contro la celiachia, un nuovo farmaco antitumorale e un metodo diagnostico innovativo per le leucemie.

Sviluppare un enzima contro la celiachia, un nuovo farmaco antitumorale e un metodo diagnostico innovativo per le leucemie, e studiare nuovi antibiotici.
Questi gli obiettivi che la Fondazione Istituto Insubrico Ricerca per Vita di Gerenzano e tre Istituti milanesi (Azienda Ospedaliera Ospedale “Luigi Sacco”, Fondazione IRCCS “Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico” e Azienda Ospedaliera Ospedale “Niguarda Ca’ Granda”) si sono prefissati di raggiungere entro la fine del 2012, grazie al contributo stanziato da Regione Lombardia.

Il team di ricercatori svilupperà studi su nuove glutenasi (stato infiammatorio reattivo al glutine) di origine microbica per la terapia orale della celiachia, su nuovi farmaci antitumorali e sui sistemi diagnostici innovativi per le leucemie e i disordini mieloproliferativi (disordini dei nervi) e infine studi sui nuovi antibiotici. I tre progetti di ricerca collaborativa avranno durata biennale e saranno svolti congiuntamente dai quattro enti nel 2011-2012.

In particolare, il progetto celiachia ha come obiettivo l’individuazione di un enzima microbico, da usarsi come terapia orale di supplemento alla dieta, capace di degradare il glutine prima che lo stesso possa manifestare i suoi effetti tossici nell’intestino. L’importanza del progetto è immediata se si pensa che in Italia, a fronte di circa 85.000 diagnosi effettuate, ci si aspettano più di 400.000 celiaci e che, attualmente, l’unica terapia esistente contro la celiachia è una dieta priva di glutine da effettuarsi per tutta la vita.


Leggi tutto l'articolo: http://www.valleolona.com/notiziario/2010/201012/101216_gerenzano_irccs.html

lunedì 22 novembre 2010

Piante e animali: in natura adottano gli stessi meccanismi di difesa


Animali e piante condividono molecole di riconoscimento per batteri e virus e meccanismi di difesa simili.

Molto più di quanto finora non si sospettasse. Lo sostengono Pamela Ronald dell'Università della California di Davis e Bruce Beutler dello Scripps Research Institute su Science, in un articolo che passa in rassegna i più recenti studi sul sistema immunitario innato. Questi lavorano infatti quasi esattamente nello stesso modo in entrambi i regni, sebbene l’antenato comune dovrebbe risalire a circa un miliardo di anni fa.

Diversamente dalla risposta adattiva (ovvero quella estremamente specifica che l’essere umano e gli altri animali sviluppano a seguito dell’incontro di un patogeno), la risposta innata riconosce specifiche molecole che sono condivise da diversi microbi e sono essenziali per la loro sopravvivenza. Eppure, data l’enorme differenza tra piante e animali, fino a qualche anno fa si era supposto che i meccanismi di difesa fossero completamente diversi. Invece, come sta emergendo da alcuni anni, un’evoluzione convergente ha fatto sì che mondo vegetale e animale rispondessero allo stesso modo di fronte ai segnali lasciati dai batteri.

In particolare - argomentano i ricercatori – ci sono due motivi ricorrenti nei sistemi di difesa: i recettori addetti al riconoscimento e le molecole che trasmettono il segnale di pericolo. Piante, insetti e mammiferi, pur avendo proteine altamente specifiche dedicate ad avvertire la presenza di molecole batteriche, condividono regioni proteiche comuni. La chiave della somiglianza starebbe nella presenza ripetuta dell’aminoacido leucina, importante nella fase del riconoscimento del nemico. Poi, dopo aver riconosciuto il segnale di pericolo, tutte le cellule, non importa a quale specie appartengano, trasmettono l’allarme usando un altro motivo proteico comune (chimato motivo chinasico non-RD, ovvero privo degli aminoacidi arginina e aspartato).

Come sottolineano gli autori, i vantaggi di questa “immunologia evolutiva”, per quanto ancora agli albori, potrebbero rivelarsi molto importanti, sia per la ricerca applicata sulle piante, sia per nuove terapie per gli esseri umani. “E’ come se, per ora, conoscessimo solo alcune foglie del grande albero della vita”, spiegano i due studiosi. “Quando avremo sequenziato i genomi di quasi tutte le specie di piante e animali, potremo risalire a tutti i meccanismi di difesa ed elaborarne di nuovi a partire da altre specie”.

Fonte: http://www.galileonet.it/articles/4cea30b272b7ab2c1a000005
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